NEL NOME DEL PADRE
Talune evidenze emerse dallericerche
storichesull’Opus Dei
(prof. Pier Luigi Guiducci)
Anche in anni
recenti la ricerca storica sulla figura
di mons. Escrivá de Balaguer (1902-1975; canonizzato nel 2002), fondatore dell’Opus Dei (attuale Prelatura Personale),
ha continuato a fornire contributi. L’Istituto Storico dell’Opus Dei[1] pubblica periodicamente
monografie su aspetti della vita del fondatore e su figure e momenti
significativi dell’Opera. Esistono inoltre
anche apporti scientifici di autori non membri dell’Istituzione cit., e testimonianze di ex numerari che
disegnano una realtà critica, complessa. Tutto ciò, è probabilmente destinato
ad avere nuovi sviluppi perché taluni “aspetti nodali” non sembrano facilitare
la diretta conoscenza di documenti fondativi (almeno in fotocopia), e l’esatta
descrizione di dinamiche riconducibili all’azione del fondatore e a quella dei
suoi successori. Può quindi avere una qualche utilità l’indicazione di taluni
temi di ricerca storica e di confronto tra studiosi lasciando ogni commento
alla comunità scientifica.
La ricerca storica:le fontes
Tra gli
argomenti affrontati in questi decenni sembra emergere in modo preminente la
questione delle fonti. Anche secondo il parere di uno studioso spagnolo, ex
numerario dell’Opus Dei[2],esistono
dei quesiti che rimangono aperti. In particolare: Escrivá ha realmente annotato quelle frasi che autori della
Prelatura affermano essere autentiche? Nelle
sue prediche ha rivolto agli
uditori proprio quelle espressioni considerate
esatte dai membri dell’Istituzione?
Tali
perplessità non avrebbero motivo di essere se vi fosse, anche in presenza di
eventuali modifiche, un manoscritto originale o un testo autorizzato dallo
stesso fondatore. Nel contesto descritto le edizioni critico-storiche, favorite
dalla Prelatura[3], non sembrano dissolvere - a parere di più
studiosi[4]
- le perplessità indicate. Emergono poi
altri aspetti.Dagli anni Ottanta (XX sec.), si utilizzano nei centri della
Prelatura sei tomi ad uso interno dal titolo Meditaciones(Meditazioni). Servono a orientare i tempi della preghiera mattutina. Al
riguardo, è possibile osservare che viene
utilizzata solo la seconda redazione
di quest’opera: quella che venne decisa damons. Álvaro del Portillo.[5]Tale
nuova edizione (1987-1990), corretta e ampliata, accoglie in più parti “testi
frammentati” del fondatore, quasi non
presenti nella prima edizione. Ne deriva un fatto: quando in questi tomi si
individuano frammenti delle carte fondazionali di Escrivá, evidenziati in
grassetto, si pensa (o si suppone) che esiste una fonte documentale a supporto.
Queste citazioni si distinguono poi da altre parti del testo perché i redattori
“interpretano” il pensiero del fondatore facendolo precedere e seguire da
talune sottolineature. Inoltre, secondo il pensiero dell’ex numerario cit., la stessa frammentazione dei testi
originali costituisce già una "interpretazione", senza escludere
possibili “manipolazioni” delle fonti.[6]
In tale contesto viene sottolineata la necessità di poter leggere non
dei singoli brani ma il documentonella
sua interezza. Ciò renderebbe più facile la conoscenza del contesto letterario
e di quello storico. Tale aspetto ha trovato nel tempo delle difficoltà (non
completamente risolte dall’edizione critica delle Opere) perché, a detta dell’ex numerario cit., quasi tutti gli scritti del periodo di fondazione di
Josémaría Escrivá sono statirimossi dall'uso ordinario e resinon accessibili al
mondo degli studiosi in generale e a quello
degli stessi membri dell'Opus Dei.
1] Il
fatto cit. desta sorpresa specie se
si legge, ad esempio, Del espíritu y las costumbres.[7]In tale lavoro si delinea la “pietà
dottrinale” dei fedeli dell'Opus Dei. In questo testo, al numero 9, si trova la nota 2: “Oltre alla
Sacra Scrittura e ai documenti del Magistero della Chiesa, tutti hanno letto -
“riletto” - molte volte gli scritti del nostro Fondatore, in particolare le
Lettere e i documenti che ha scritto per la formazione dei suoi figli, e gli
editoriali e gli articoli dottrinali delle Pubblicazioni interne”.
Nel testo cit. il verbo releen
(rileggere) è stampato in corsivo. Viene chiarito inoltre che gli scritti del periodo di fondazione dovrebbero costituire
un normale tema di riflessione, di lettura e di rilettura. Afferma
però l’ex numerario cit.: chi è in
grado di elencare, anche a prescindere da una loro lettura, le circa cinquanta
lettere con i loro titoli e le rispettive date?
2] Questa considerazione, secondo l’opinione di chi è uscito dalla
Prelatura[8],
aiuta a richiamare l'attenzione anche sulla “formazione interna” seguita
dall’Istituzione. In pratica: difficilmente si utilizzano le più importanti fonti
originali di mons. Escrivá. In genere si usano: “fonti
interpretate”,“frammenti interpretati”, interpretazioni
generali. Non sembra quindi favorito un approfondimento della fedeltà dei testi
esaminati alla loro fonte autentica.
3] Il fatto succitato si riscontra, a parere di ex numerari, anche con
il Programa de formación inicial
(B-10)[9]
la cui stesura viene attribuita al fondatore dell’Opus Dei.
Si sottolinea al riguardo che per più motivi (di comodo, di superficialità, di
insufficiente preparazione di chi deve trasmettere “dottrina”) il diretto
utilizzo di quel breve testo è sostituito da ordinari opuscoliche “sviluppano il contenuto” del lavoro originario. In tal modo,
l’“interpretazione ufficiale” prevale sul significato letterale della “fonte
autentica”.
Le situazioni descritte, si afferma, producono un effetto moltiplicatore
sul piano pratico. La presunta fedeltà personale al carisma del Fondatore viene gradualmente trasformata e ridotta a
una docilità (fedeltà) alla volontà
e alle affermazioni dell'autorità
dell'Istituzione. Carisma e direttive apicali costituiscono però degli aspetti
molto diversi tra loro. La questione non pare marginale perché determinate
prassi interne possono favorire posizioni passive, acritiche. Vale al riguardo
un esempio: il marchesato di Peralta assegnato a mons. Escrivá. Esiste una
“storia ufficiale” (che segue “un
rigoroso ordine genealogico”), ma la ricerca storica ha condotto
verso altre evidenze. Non è possibile mostrare l'albero genealogico completo
che dovrebbe unire Josemaría Escrivá de Balaguer con Juan de Peralta, elevato
al rango di marchese dall'arciduca Carlo all'inizio del XVIII secolo. Malgrado
gli sforzi per ricostruire in dettaglio la vita del fondatore, rimangono noti
solo i nomi dei suoi genitori e quelli dei nonni.
Secondo il pensiero di più ex numerari l'argomento è serio. La
“letteratura ufficiale” della Prelatura dell'Opus Dei in generale (testi di ascetica, documenti ufficiali, libri storici, sussidi
spirituali) si mostra segnata da un limite: quello di essere direttamente o
indirettamente "impoverita" da un voluto interesse a divulgare
determinate “storie”, presentate secondo
delle specifiche modalità. Purtroppo, non di rado, queste “storie”rimodulano
la verità storica. La stessa esegesi parziale che Escrivá esponeva ai fedeli -
con riferimento a diversi testi della Sacra Scrittura - costituisce un altro
esempio non debole. Sul piano scientifico tale metodo non è accolto da più autori. Sottolineano al
riguardo alcuni ex numerari che è
trascorso ormai il tempo dell’apologia persuasiva e della facile retorica.
4] Le criticità cit. Riguardano
una parte non irrilevante dei volumi che costituiscono la collana Bonus
Pastor. La pubblicazione di
questi testi ha avuto inizio nel 1995. Risale infatti a quell’anno la
stampa del numero IV. I tomi si riferiscono agli insegnamenti di Josémaría
Escrivá. Più precisamente: alla sua “predicazione
orale”. L’intenzione della Prelatura, sottolineano gli ex numerari, è quella di presentare il fondatore dell’Opus
Dei come l’autentica guida: “pastor unico
y exclusivo” dei suoi.[10]
Egli rivolge le sue attenzioni in direzione di un preciso gregge. Tale
angolatura, si sottolinea, dovrebbe essere rimodulata osservando un orizzonte
più esteso, ove è presente l’agire di molti
altri pastori. In pratica: ogni fedele dovrebbe essere incoraggiato a usufruire dell’aiuto di più pastori, senza
accentuare distinzioni o indicazioni ambigue ( “buoni” e “cattivi”).
In tale contesto, nell’introduzione al IV volume, viene specificato che
quegli insegnamenti “li abbiamo custoditi
nella nostra memoria, li abbiamo considerati ripetutamente nella nostra preghiera, ci sono serviti di
stimolo per approfondire in questa ricchezza divina quello che il nostro
Fondatore ha diffuso a piene mani. Ci hanno tanto aiutato, che fin dal primo
momento ci sono stati dei nostri fratelli che ebbero l’accortezza di
annotarli per iscritto, e - negli ultimi anni della vita del nostro Padre
- di registrarli su nastro”.[11]
A questo punto, sono diversi gli ex numerariche pongono alcuni
interrogativi.[12]
La predicazione orale cit. è da
ritenere priva di glosse? Anche
ammettendo una sua autenticità, rimangono comunque - si afferma - degli
aspetti inevasi. Di quali appunti si tratta? Di quali note? Tali insegnamenti quando vennero riportati
per iscritto? In che modo furono annotati? Quanto è affidabile colui o coloro
che hanno fatto la trascrizione? Quale supporto documentale sostiene questi
ricordi della predicazione?
Qualcuno aggiunge: questi testi sono stati presentatiper l'esame
dottrinale nei processi di beatificazione e canonizzazione? Si tende a
presumere di no, perché non sono realmente scritti dal fondatore e non
possono essere attribuiti a lui, almeno fino a quando non verranno chiariti i quesiti in precedenza
riportati.
5] In tale contesto, gli ex numerari evidenziano il fatto che, malgrado
diffuse riserve, i “nuovi” testi della collana editoriale Bonus Pastor
sono presentati come una“fonte sicura”, autentica. In pratica: come se fossero
la voce di Escrivá che “rivela” il suo carisma. Qualcuno si chiede: come è
possibile? È sufficiente la rassicurazione del Prelato ad assicurare la storicità? In definitiva, servirebbero dei
riferimenti obbligatori per garantire l’affidabilità degli scritti o, detto in
altro modo, per delimitare il grado della loro autenticità.
Con il trascorrere del tempo sono stati pubblicati più volumi. In una
prima fase sono stati editi i numeri da IV a VIII.
a) Volume IV: In
dialogo con il Signore. Testi di predicazione orale (Roma
1995). Contiene meditazioni del Fondatore predicate tra il novembre 1954 e
il marzo 1975, già pubblicate nei bollettini Crónica e Noticias. In
questo caso, secondo gli ex numerari, si deve presumere che quanto
stampato fu autorizzato dall'autore nell’attuale forma editoriale (ciò rimane comunque una
“presunzione”).
b) Volume V: Da soli con Dio. Testi per la meditazione (Roma 1996). È una
raccolta di brevi note scritte dal
fondatore per introdurre ogni singolo numero di Crónica e di
Noticias, e della Scheda
informativa, cheprecedette la pubblicazione delle due riviste cit.. Questa compilazione
sostituisce un'altra pubblicata nel 1981, dove non apparivano i punti
dell’antica Scheda informativa. Anche in questo caso saremmo davanti a un’opera
originaria, riconosciuta dal suo autore mentre era in vita.
c) Volume VI: Case
luminose e allegre. Catechesi sulla famiglia (Roma 1997). Si
tratta di una raccolta di citazioni sul matrimonio e la famiglia, tratte dalla
predicazione di mons. Escrivá per la penisola iberica (1972), e per l’America
(1974-1975). Nella misura in cui i testi furono
pubblicati durante la vita dell'autore, si deve presumere che pure questi
scritti siano stati approvati dal fondatore, anche se ciò non esclude il dato
storico che attiene all’effettiva predicazione che si afferma di trasmettere,
poiché l'autore potrebbe aver rielaborato i testi in fase di stampa.
d) Volume VII: Crescere dentro. Testi tratti
dalla predicazione del Fondatore dell'Opus Dei. Madrid 1937 (Roma
1997). Raccoglie gli appunti annotati in occasione delle meditazioni
predicate da Escrivá nei mesi di
aprile-agosto 1937, a Madrid, mentre era rifugiato nel Consolato dell'Honduras,
con altri membri dell'Opus Dei.
e) Volume VIII: Mentre ci
parlava in cammino. Testi tratti dalla predicazione del Fondatore
dell'Opus Dei (Roma 2000). Analogo al precedente, è un volume
realizzato con gli appunti trascritti in
ventisei meditazioni predicate da
Escrivá tra il 1945 e il 1974.
6]
Tenendo conto di questi scritti e del loro contenuto, più ex numerari rimangono
del parere che non si può assegnare a tutti i testi lo stesso livello di
qualificazione e di affidabilità. In linea di principio, i volumi IV-VI
non pongono troppe questioni critiche per essere riconosciuti come gli
scritti di Escrivá, anche se il loro supporto documentale è da
verificare. Al contrario, i volumi VII e VIII, si sostiene, sono da considerare
pseudo-escritos, non affidabili dal punto di vista scientifico, perché l’edizione
non fornisce dati che consentano di verificare se “quanto attribuito a Escrivá”
è davvero la sua predicazione, né offre spiegazioni su come, quando e da chi, è
stato redatto il testo divulgato.
7] In tale
contesto, nella Prelatura dell'Opus Dei si insiste sul fatto che, con la
canonizzazione di Escrivá, ogni scritto è diventato patrimonio della
Chiesa universale. Tuttavia, diversi ex numerari sostengono che tale
“universalità” sembra in realtà ristretta agli ambienti dell’Istituzione. In
pratica: non ci si preoccupa troppo di verificare se gli scritti più
direttamente originali e fondamentali siano stati secretati, mentre altri (pseudo-scritti)
siano stati divulgati senza rispetto per le regole del
metodo storico.
La ricerca storica:agire
politico di Escrivá e coll.
Accanto agli aspetti sopra indicati, l’attuale ricerca storica ha
cercato di far luce anche su una tematica significativa: l’agire politico di mons. Escrivá. Al riguardo,
diversi testi di autori vicini all’Opus Dei affermano che il fondatore non
volle mai avvicinarsi al mondo politico, non sviluppò orientamenti politici e
che, nel periodo del franchismo spagnolo, ebbe
solo dei formali e rapidi momenti di interazione con il Caudillo.[13]Al
riguardo occorre ricordare che tale tematica ha pure ricevuto ulteriori
contributi da storici della Chiesa[14]
e da ex numerari che hanno pubblicato le loro ricerche in libri, articoli e
siti web.[15]
Può essere utile, allora, riportare alcuni dati che provengono anche dal sito spagnolo: opuslibros.org/nuevaweb.
1. 1939. Dopo l’ultima delle massime contenute in “Cammino”, Escrivá
volle annotare: “Questo libro fu terminato a Burgos, il giorno della
Purificazione della Beata Vergine Maria, l’anno 1939, III Triunfal. Anno della vittoria”.[16]
Nel medesimo anno (28 marzo) il fondatore torna a Madrid con le truppe franchiste (utilizzando un loro camion).[17]
2. 1945. Con dedica scritta di proprio pugno, Escrivá dona copia del suo
testo Santo Rosario al Caudillo.
Nella dedica si può leggere: “Al Caudillo, Francisco Franco, con sincero
affetto. Madrid. Giugno 1945. Josemescrivá”.[18]
3. 1948. Nel giornale ‘Nueva España’, del 9 aprile 1948, a pag. 4, si
trova una notizia di cronaca
significativa.[19]I
lettori vengono informati che “il ministro degli Affari Esteri, signor Martin
Artajo, continua a ricevere un gran numero di lettere e di telegrammi di
autorità e di singoli contenenti entusiastiche felicitazioni con i generali
Franco e Perón a motivo della firma apposta al Protocollo che prende i loro
nomi. Tra queste, per le espressioni di affetto reciprocotra Argentina e Spagna
con le quali sono redatte, si distinguono quelle del presidente della
Deputazione di Granada, del governatore civile e presidente della Deputazione
di La Coruña.
Il signor Martin Artajo ha ricevuto nel suo ufficio del Palazzo di Santa
Croce le seguenti personalità: Signor Elizalde, ambasciatore filippino negli
Stati Uniti; signor Broye, ministro di Suiza; don Manuel Escuidero, incaricato
di affari delle Filippine; principe Costantino di Baviera; monsignor Angelo
Tuirrado Moreno, vicario apostolico di Machiques, Venezuela; vescovo di Asso,
monsignor Lauzurica; monsignor Escrivá,
direttore dell’ “Opus Dei”; reverendo Padre Edmundo Chávez, canonico di
Friburgo, Svizzera; signor Gaxiola, ex ministro dell’Educazione del Messico;
mister Llody, deputato conservatore inglese; don Santiago Dantes, professore
brasiliano; don Francesco Cerdeira, direttore della rivista ‘Los Quijotes’,
vari scrittori e molte personalità.
Commentando tale comunicato redazionale, un autore che fa parte dei
numerari dell’Opus Dei (Stoner) rileva il fatto che Escrivá è presente a un
avvenimento non religioso ma strettamente politico, e che il fondatore venne
ricevuto da un ministro (AlbertoMartín Artajo[20])
il cui nominativo si ritrova negli incartamenti che riguardano un iter di nomina episcopale (travagliato)
insistente sulla persona di Escrivá.[21]
La ricerca storica: agire
politico di Escrivá(segue)…
4. Nel 1949, il braccio destro di Escrivá, mons. Álvaro del Portillo,
nel suo ruolo di procuratore generale della Società Sacerdotale della Santa
Croce, scrive al ministro degli Affari Esteri spagnolo per ottenere appoggio e
aiuti finanziari.[22]
Nella lettera trasmessa ad Alberto
Martín-Artajo Álvarez, in particolare, si
fa riferimento al centro di ricerca e cultura internazionale che si vuole
realizzare a Roma. Tale collegio dovrà preparare persone capaci di affrontare,
in ogni ambito del sapere, “le tendenze eterodosse del pensiero che in modo
particolarmente serio minacciano la Chiesa e i valori della civiltà
occidentale”. Del Portillo informa sui collegamenti con l’ambasciatore spagnolo
presso la Santa Sede e dichiara che la Società che rappresenta chiede
protezione e aiuto allo Stato spagnolo. Ricordato il ruolo della Spagna
(primato di difesa della Cristianità), mons. Álvaro concretizza una richiesta:
una sovvenzione e un anticipo finanziario da restituire (per un totale di otto
milioni di pesetas).
5. Nel medesimo anno (8 agosto 1949) mons. Escrivá, scrive direttamente al
Caudillo Franco per chiedere aiuti. Il progetto da sostenere è l’edificazione
del Collegio Romano della Santa Croce. Il fondatore lo presenta come centro di
cultura internazionale dove potranno riunirsi cattolici da tutto il mondo “in
un ambiente cristiano e spagnolo”. Nel testo il
presidente dell’Opus Deiscrive:
“Non devo sottolineare, mio Generale,
ciò che l’Opus Dei è per la Chiesa e per la Spagna. A Roma hanno gli occhi su
di lei; ultimamente, la Santa Sede, come prova di distinzione e affetto, ci ha
regalato[23] una
villa a Castelgandolfo e la chiesa e la terra di Santa Lucia del Gonfalone,
monumento nazionale. Non dimenticare, mio
Generale, che anche quando si tratta di un'istituzione cattolica, qui e
ovunque, dietro l'Opus Dei puoi vedere
la Spagna”. Scrive ancora Escrivá: “Confido nella Sua generosità, nella Sua
provata condizione di figlio della Chiesa e nella sua abnegazione al servizio di tutto ciò che esalta la Spagna, e sono sicuro che farà quanto possibile affinché
tutto questo prosegua”. La lettera si conclude con queste espressioni: “La
tengo molto presente nelle mie preghiere. E pongo nelle Sue mani e nel Suo cuore uno dei momenti decisivi nella
storia del nostro Istituto. Con profonda gratitudine per il Suo aiuto, rimango
vostro aff.mo.Josemescrivá”.[24]
La ricerca storica: agire
politico di Escrivá(segue)…
6. Il 14 luglio del 1952, mons. Álvaro del Portillo, a nome di Escrivá,
indirizzò da Madrid una lettera al Caudillo Franco.[25]
Nella missiva è scritto tra l’altro: “Conosciamo il
desiderio sincero di V.E., più volte espresso al nostro Fondatore e Presidente
Generale, Monsignor Escrivá de Balaguer, e a me medesimo, di aiutarci nel lavoro”. Sulla base di tale affermazione lo scrivente allega
un pro memoria di cui si riporta l’istanza-chiave: “(…) è così tanto quello che può essere fatto al servizio di Dio e della Patria,
e così urgente per non far distruggere
dall’influenza di sette tenebrose e di dottrine sovversive lo sforzo che
il Nuovo Stato, sotto la direzione suprema di Vostra Eccellenza, ha compiuto
per il completo ripristino di un ordine sociale più cristiano e più
giusto, che dobbiamo impegnarci in un'impresa così difficile a qualunque costo.
Non chiediamo alcun
aiuto speciale da parte dello Stato, che ha anche le sue opere di questo tipo
di cui occuparsi. Non vogliamo gravare sul pubblico erario. Il nostro lavoro,
anche quando cooperiamo efficacemente con l’ufficiale, è privato e pensiamo di
farlo con i nostri mezzi. Abbiamo però bisogno di essere inizialmente forniti di
risorse economiche in un modo normale per qualunque istituzione: il credito
bancario a lungo termine. Per questo motivo, pensiamo di sollecitare presso il
Banco di Spagna un credito aziendale di cinquantacinque milioni di pesetas: e
preghiamo vivamente V.E. di
sostenere la nostra richiesta davanti al
Governatore della Banca (…)”.
Questa lettera,
come altri testi, conferma un dato: Escrivá ha un rapporto diretto con Franco.
Tra i due esiste un’intesa.
7. Il 23 maggio del
1958, mons. Escrivá scrisse al Caudillo Franco[26] per esprimere
felicitazioni e sostegno in occasione della promulgazione dei “Principi
Fondamentali”.[27]
In tale atto si confermava la positività della scelta “cattolica”. Per tale motivo il fondatore dell’Opus Dei
volle annotare: “È la fedeltà del nostro popolo alla Tradizione
cattolica che garantirà per sempre il successo degli atti di governo, la
certezza di una giusta e durevole pace all’interno della comunità nazionale,
così come la benedizione divina su
coloro che mantengono posizioni di governo”. Con questa missiva Escrivá
manifestò, utilizzando temi religiosi, aperto sostegno alla politica del
Generalissimo.
La ricerca storica: agire
politico di Escrivá(segue)…
8. Il 28 ottobre del 1966, Escrivá, in modo deciso, volle trasmettere al
ministro José Solís Ruiz (1913-1990)[28]
una lettera di riprovazione per gli avvenuti atti ostili della stampa di regime
nei confronti dell’Opus Dei.[29]
Nel testo, de Balaguer çpone in evidenza
l’ingiustizia che si va realizzando in quel periodo. Egli sottolinea che a
diversi esponenti politici non è mai stata chiarala netta differenza tra le
attività spirituali dell’Istituzione e le singole, autonome scelte dei membri
dell’Opus Dei. Escrivá insiste sul permanere di realtà equivoche, su offese a
Dio per la confusione tra realtà
spirituali e vicende terrene, sulla libertà dei membri dell’Istituzione. E
dichiara che “… questa famiglia spirituale non interviene né può mai
intervenire in scelte politiche o terrene in nessun campo, poiché i suoi fini
sono esclusivamente spirituali”. Richiamandosi al giudizio di Dio anche per gli
scritti denigratori a danno dell’Opus Dei, Escrivá conclude in modo deciso: “La
supplico di porre fine a questa campagna contro l’Opus Dei (…). Altrimenti,
penserò che non mi ha compreso; e sarà
chiaro che Vostra Eccellenza non è capacedi comprendere né di rispettarela
libertà[30](…)”.
I primi commentia questo testo, di autori vicini all’Opus Dei, hanno
evidenziato una specie di persecuzione che colpì l’Istituzione. La lettera di Escrivá
costituiva dunque una necessaria difesa. Ma in tempi successivi diversi ex
numerari, sulla base di ricerche mirate, hanno fornito dati che presentano una
realtà storica diversa.[31]
Gli argomenti sono:
a] Escrivá, fin dal periodo di Burgos, chiese appoggio agli esponenti
del franchismo. Tali richieste di sostegno hanno incluso anche diversi favori.
Ad esempio, come attesta Miguel Fisac, la possibilità di inserire membri
dell’Opus Dei (Pedro Casciaro, Francisco Botella) in un ufficio di reclutamento
militare.[32]
Per questo motivo il fondatore non può quindi tracciare una divisione netta tra
spirituale e temporale.
b] I singoli aderenti dell’Opus Dei hanno lavorato seguendo una strategia anche
politica concordata con il fondatore (filo-nazionalista). Si collocano qui una
serie di lettere, di incontri e di scelte mirate a sostenere il Caudillo
Franco.
c] Determinati esponenti dell’Istituzione, una volta inseriti in ruoli
pubblici, di natura rilevante, hanno
dimostrato di seguire una linea di favore verso altri membri dell’Opera (inserendo quest’ultimi nei quadri intermedi) e
ostacolando (o bloccando) la carriera di
quanti non erano vicini all’Opus Dei ma
facevano comunque parte delle forze franchiste (nazionaliste). La reazione
della stampa falangista non può quindi essere considerata un fatto improvviso e
immotivato, né si può parlare di persecuzione. È piuttosto una reazione interna al regime avversa al modo di operare
dell’Istituzione considerato equivoco. Tale fatto fu aggravato da una posizione
di segreto assoluto (imposta dai vertici dell’Opus Dei) che produsse criticità.
In definitiva, affermano gli ex numerari e altri autori, la lettera di Escrivá
a Solís rimane una pesante (e
irriguardosa) intromissione in questioni politiche.[33]
9. Il 5
febbraio del 1969 l’ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, Antonio Garrigues y
Díaz-Cañabate (1904-2004), trasmise
una lettera riservata al ministro
spagnolo degli Affari Esteri, Fernando María Castiella y Maíz (1907-1976).[34]
Tra i due esisteva un rapporto di amicizia. Per tale motivo l’ambasciatore può
dare del tu al responsabile della politica estera spagnola. Questo testo è
significativo perché Garrigues riferisce di un colloquio avuto con il
fondatore dell’Opera. Nel resoconto
vengono riportate una serie di affermazioni di Escrivá. Tra queste, quella che
il sacerdote spagnolo ha avuto e continua ad avere molta amicizia con il Caudillo. Quest’ultimo - afferma Escrivá - lo chiama spesso da Madrid, parlandogli
con grande confidenza.[35]Quanto
riportato consente di affermare che il fondatore dell’Opus Dei mantenne sempre
dei collegamenti con il Caudillo, segnati da rapporti non formali ma sostanziali.
Nel
testo indicato, Escrivá non esita a presentare situazioni che, a suo avviso,
sono da modificare: l’ingerenza dei laici nella nomina dei vescovi, il fatto che i nemici dell’Opus Dei (non
specifica quali) non riconoscono all’Istituzione di aver anticipato il
Concilio Vaticano II in molte cose, ad
esempio in materia di amore umano. Sul secondo argomento Escrivá è polemico con
i gesuiti. Sono quest’ultimi che hanno voluto
proporre come patrono della gioventù san Luigi Gonzaga.[36]Però,
tale personaggio era abituato a non abbracciare neanche la madre pur di non
violare un impegno di purezza.[37] Per
Escrivá san Luigi “è un mostro”. Al
riguardo egli ha detto al padre Arrupe (Generale dei gesuiti)[38] di aver
sempre abbracciato la propria madre. E aggiunge che, una volta in Paradiso,
avrebbe sgridato san Luigi per il comportamento assunto con la genitrice.
Escrivá
però dice altro: e fa riferimento alla
crisi dei gesuiti (a causa del concetto autoritario su cui è fondata la
Compagnia), alla loro disobbedienza
(che non c’è nell’Istituzione fondata da Josémaría), all’accusa che è stata
fatta nelle Cortes spagnole contro
l’università di Navarra (sostegno dello Stato spagnolo all’ateneo dell’Opus
Dei), alla prossima udienza presso il Papa (perché ci sono molte cose da cambiare nella Chiesa).
L’ultima
affermazione del fondatore riportata dall’ambasciatore è la seguente: c’è una grande crisi di autorità nella
Chiesa.[39]
I
fatti descritti delineano un Escrivá che non pare un soggetto timido, tendente
all’umile nascondimento, propenso a non
parlare criticamente degli altri, lontano da esponenti politici. Al contrario,
sa sviluppare una notevole dialettica, segnata da chiare venature polemiche,
con critiche rivolte a persone non presenti (che non possono quindi replicare).
La ricerca storica: agire
politico di Escrivá (segue)…
10.
Esiste ancora un episodio esaminato dagli storici.[40]
Negli anni ’70 (XX sec.) Escrivá volle affrontare una vicenda che considerava critica.
Nella Segreteria di Stato vaticana, il sostituto mons. Giovanni Benelli
(1921-1982)[41]
aveva dimostrato un atteggiamento non favorevole all’Opus Dei. Tale posizione
teneva conto di rapporti trasmessi alla Santa Sede dalla Spagna[42]ove
si criticavano alcune scelte dell’Istituzione (specie le forme di
autoreferenzialità, l’insistenza sul segreto e la mobilitazione di membri dell’Opus Dei per
acquisire posizioni di forza in ambito pubblico). A questo punto, Escrivà, tramite
il suo braccio destro, mons. Álvaro del Portillo, volle informare della vicenda l’ambasciatore
di Spagna presso la Santa Sede (Antonio Garrigues). Quest’ultimo, chiese e
ottenne udienza da mons. Benelli per sé, per Escrivá e per del Portillo.
L’incontro si svolse in un clima non teso ma franco. Anche da tale episodio
diversi storici hanno evidenziato un dato: in più occasioni Escrivá volle
utilizzare un ambasciatore, esponente del Ministero spagnolo per gli Affari
Esteri (area politica), per gestire
situazioni interne alla vita ecclesiale.
La ricerca storica:dati
ritenuti spuri
Accanto alle indagini che cercano di studiare i movimenti di Escrivá in ambito
politico, sono state promosse da più
storici delle ricerche che hanno tentato di recuperare tal uni aspetti poco
evidenziati (o non sottolineati) da autori vicini all’Opus Dei.
Uno di questi riguarda il rapporto tra Escrivá e l’Ordine della
Compagnia di Gesù.[43]
In taluni scritti di persone dell’Opera si rimarca una criticità di rapporto
storico tra quest’ultima e i gesuiti.
Tale aspetto avrebbe origine da una presunta posizione non amichevole dimostrata da religiosi della Compagnia verso
l’Istituzione e il suo fondatore. In definitiva: determinati ‘momenti
difficili’ avrebbero per responsabili dei gesuiti.[44] Nel recente periodo nuove ricerche[45]
hanno cercato di rimodulare tale affermazione fornendo una serie di dati che
qui si cerca di riassumere.
1] Fin dal periodo degli inizi, fu Escrivá, ad avvicinarsi alla
Compagnia di Gesù e a seguire i metodi
di quest’ultima. Divenuto sacerdote, scelse poi per confessore un
gesuita raggiungendo più volte la sede ove quest’ultimo risiedeva.[46]
Con lui si confrontò riguardo a quanto intendeva promuovere. Volle inoltre inserire nelle sue
indicazioni per i membri dell’Opus Dei aspetti della vita della Compagnia:
-l’orientamento
di quest’ultima davanti al mondo moderno,
-gli
esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola[47],
-le
pratiche ascetiche (preghiera mentale),
-il ruolo
di chi ricopre funzioni apicali di
governo,
-l’ubbidienza
totale al superiore,
-talune
espressioni spirituali,
-l’attenzione a testi spirituali di autori gesuiti quali il
libro del venerabile p. Luis de la Puente
SI (1554-1624),
- aspetti della Ratio
studiorum dei gesuiti.[48]
2] Escrivá,
nel trascorrere del tempo, delineò un modo di procedere (protetto da un
rigoroso segreto) che pose in ombra i
collegamenti naturali con i gesuiti preferendo far riferimento a ispirazioni ricevute direttamente da Dio.[49]
In tal modo, quanto poi comunicava ai suoi
non erada discutere, da criticare, perché le indicazioni provenivano “dall’alto”.
Unitamente a ciò, determinate iniziative di Escrivá furono interpretate come un
voler riformare una Chiesa sfigurata in vari aspetti. In questa Chiesa, però,
continuavano (e continuano) a operare molte espressioni apostoliche. Tra
queste, anche la Compagnia di Gesù (che aveva attraversato i secoli, sostenendo
la Chiesa dopo lo scisma luterano). C’è anche da aggiungere che nella
spiritualità di Escrivá, tutto rimaneva
vicino a quella che era l’idea centrale dei gesuiti: “Ad maiorem Dei gloriam” (concetto ripetuto dal fondatore nei suoi
scritti).[50] Tale
situazione motivò delle riserve trai
gesuiti. Questi, conoscevano infatti le tappe formative di Escrivá, la sua
interazione con i figli spirituali di sant’Ignazio, la sua conoscenza di testi religiosi di più
autori (es. san Benedetto da Norcia che utilizzò per primo il termine “Opus Dei” nella sua Regola, santa Teresa
d’Avila che scrisse Cammino di perfezione,
et al.), e le stesse realtà familiari del fondatore dell’Opus Dei.[51]
3] In
tale contesto si aggiunse un fatto. Diversi membri dell’Opera, nell’ambito di
un’azione di proselitismo (discreta ma
molto attiva), cercarono di coinvolgere nelle iniziative dell’Opus Dei anche
delle persone vicine alle congregazioni
mariane (fondate e dirette dai gesuiti). Il fatto generò una situazione non
serena. E non mancarono delle riserve sull’Opus Dei (sull’identità dell’Opera,
sul modus operandi legato al segreto,
sul ruolo dei suoi membri nella vita della Chiesa …).[52]
Il clima di quel momento non favorì chiarimenti. L’interazione ne soffrì.
Contemporaneamente, anche in altri
ambienti spagnoli non vicini ai
gesuiti vennero espresse critiche all’Opus Dei (per più motivi, anche politici). Tale situazione
convinse diversi ecclesiastici a riferire alla Santa Sede.[53]
Le
vicende successiveri guardanti l’Opera e la Compagnia si svilupparono seguendo
un tracciato parallelo. Emersero poi
ulteriori vicende.
1] Le
principali riguardarono quanto l’Opera
chiedeva alla Santa Sede in materia di riconoscimento giuridico. Con
riferimento a tali istanze,più autori
manifestarono dei pareri critici.[54]
Lo fecero in riviste (iniziativa autonoma) e in
atti formali (richiesti dalle stesse
autorità vaticane). Tra i firmatari ci furono anche dei gesuiti. Il loro
parere articolato (preciso sul piano canonistico e non polemico) non venne
gradito da Escrivá che esternò la sua forte contrarietà in più modi.
2] Nel
1965 venne eletto Preposito generale
della Compagnia di Gesù lo spagnolo Pedro Arrupe.[55]
Quest’ultimo, tra le sue prime iniziative, volle promuovere incontri con
esponenti didiverse espressioni ecclesiali. Invitò a pranzo anche Escrivá.[56]
Nella memoria di taluni testimoni del
tempo si ricorda una iniziale linea di chiusura del fondatore.[57]
Alla fine, dopo più chiamate telefoniche di Arrupe, Escrivá accettò di recarsi
presso la sede della curia generalizia della Compagnia di Gesù. Il momento
conviviale, corretto nella forma, non
servì a superare dei nodi. Fu poi
riferito il fatto che il fondatore dell’Opus Dei esternò il proprio
malumore chiedendo perché i gesuiti
attaccavano l’Opera.[58]
I canali di comunicazione comunque non si chiusero per la mediazione mantenuta
da mons. Álvaro del Portillo. In tale contesto, rimane comunque rilevante il
fatto che in occasione del processo di canonizzazione di Escrivá, alcuni
gesuiti furono esclusi dall’elenco dei testi che sarebbe stato obbligatorio
ascoltare.
La ricerca storica: dati
ritenuti spuri (segue)
Il
15 aprile del 1967, durante un'intervista rilasciata
al ‘Time Magazine’, Escrivá rispose a una domanda che
riguardava “segretezza” e “mistero”presenti nell'Opus Dei.[59] In tale
occasione il fondatore disse: «Lei parla
di accusa di segreto. È una storia ormai molto vecchia. Potrei narrarle, punto
per punto, l'origine storica[60] di questa accusa calunniosa. Per molti
anni, una potente organizzazione, di cui preferisco non fare il nome - l'amiamo
e l'abbiamo sempre amata - si è dedicata a falsificare quello che non
conosceva». Anche il giornalista Vittorio Messori cita in un suo libro tale affermazione e la
commenta così: “Si tratta, non è un mistero, di alcuni membri spagnoli
della Compagnia di Gesù”.[61]Su
questo punto più autori hanno cercato di comprendere meglio tale dinamica. Alla
fine, sulla base di nuovi dati acquisiti[62], hanno
ritenuto necessario rimodulare l’affermazione di Escrivá sopra cit.. Si evidenziano qui di seguito
alcuni punti.
1]
La volontà di tutelare il modus operandi
dell’Opus Dei anche attraverso la prassi del
segreto è legata a una scelta del fondatore operata fin dagli inizi.
2]
Si ricorda, al riguardo, che fino al 1989 gli statuti dell’Opera erano segreti.
L’art. 189 delle costituzioni (anteriori al 1982) riporta tale affermazione: “…
Institutum, uti tale occultum vivere vult[63]
(L’Istituto come tale vuole vivere in modo occulto) … Data indole Instituti,
quod externe, uti societas, apparere non expedit (Data l’indole dell’Istituto
cui non conviene apparire all’esterno come una società)”.
3]
L’articolo 190 delle cit. costituzioni aggiunge:
“Consequenter, vel ipsa aggregatio Instituto nullam externam manifestationem
patitur; extraneis celatur numerus sociorum: immo de his estranei nostrine
colloquantur (Il fatto stesso di essere membro dell’Istituto non permette
alcuna manifestazione esterna; e si celerà agli estranei il numero dei membri
dell’Istituto, anzi i nostri non parleranno di ciò con gli estranei)”.
4] Si
deve anche aggiungere un riferimento al regolamento dell’Opus Dei quando
quest’ultima era Pia Unione (1941). Il 14 febbraio 1941 Escrivá chiede per la
propria Istituzione l’approvazione canonica. Nel secondo paragrafo dell’istanza
rivolta al vescovo di Madrid si trova questa frase: “(…) lasciando alla considerazione
e alla risoluzione di V.E. designare le persone di Codesta Curia che devono
conoscere il Regolamento dell'Opus Dei, dato il carattere dell'Opera”.
Nel capitolo V (“Spirito”), art. 9, si trova tale
affermazione: “L'Opera deve passare in modo nascosto. Ecco perché non può partecipare ad alcun atto
di vita sociale, né essere rappresentata; e dal nome dell'Opera, sconosciuto
agli estranei, non dovrebbe mai derivare un nome comune per i soci. Occorre
evitare quelle denominazioni anche nelle attività di apostolato”.
Art. 11:
“Il medesimo spirito di umiltà collettiva impone la norma di non dire il numero
dei soci che fanno parte dell’Opera”.
Art. 12:
“I nostri non parleranno mai dell'Opera
agli estranei, né diranno a nessuno che
vi appartengono”.
Art. 13:
Per lo stesso motivo, l’esistenza dei centriove i soci numerari realizzano il
proprio lavoro di apostolato - opera di San Michele - non deve essere
conosciuta se non da quelli che ci lavorano”.
Art. 15:
“I Regolamenti, Istruzioni, ecc., sono numerati; e vi è assoluto divieto di
mostrarli agli estranei e perfino di riversarli nella lingua volgare, se sono
scritti in latino”.[64]
La ricerca storica: dati
ritenuti spuri (segue)
Nella Lettera 24-III-1930, n. 2, Escrivá scrisse che “la santità non
è una cosa riservata a privilegiati: che il Signore ci chiama tutti, che da
tutti si aspetta Amore. Da tutti, ovunque si trovino; da tutti, qualunque sia
il loro stato, la loro professione o il loro mestiere. Perché questa vita
normale, ordinaria, senza spettacolo, può essere mezzo di santità». Tale
aspetto venne ripetuto in altri scritti del fondatore e ampliato ulteriormente
da autori vicini all’Opus Dei.[65]
Studiando tale tematica (chiamata universale alla santità), anche nei suoi
aspetti quotidiani (santificazione nel mondo del lavoro e in altri ambienti di
vita) diversi storici sono propensi a rimodulare talune affermazioni che
indicano in Escrivá un precursore del Vaticano II (rif. “Lumen Gentium”).
È
stato affermato infatti che il fondatore, nella diffusione del suo carisma, fece propri degli
insegnamenti che aveva studiato in testi scritturistici[66] e in autori antecedenti all’inizio dell’Opus
Dei. Si tratta di figure rilevanti nella storia della Chiesa, ben conosciute
nei seminari.
Ad
esempio[67]:
1]
il vescovo Francesco di Sales (santo; 1567-1622). In un suo testo si trovano
queste affermazioni:
“(…) Nella
creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la
propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso
comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché
producano frutti di devozione, ognuno
secondo il suo stato e la sua condizione.
La devozione
deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico
dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò
non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli
impegni e ai doveri di ogni persona”.[68]
2]
il vescovo Alfonso Maria de' Liguori (santo; 1696-1787). Fu proprio
quest’ultimo a scrivere: “Dio vuol salvi tutti, ma non per le stesse vie.
Siccome in cielo ha distinto diversi gradi di gloria, così in terra ha
stabiliti diversi stati di vita, come tante vie diverse per andare al cielo”.[69] E
ancora: “Iddio vuol tutti santi, ed
ognuno nello stato suo, il religioso da religioso, il secolare da secolare,
il sacerdote da sacerdote, il maritato da maritato, il mercadante da
mercadante, il soldato da soldato, e così parlando d’ogni altro stato”.[70]
In
tale contesto gli storici, mentre da una parte seguono anche contributi
successivi in tema di chiamata universale alla santità[71],
concentrano la propria attenzione pure su studiosi
spagnoli. Tra questi si può ricordare: il sacerdote Giovanni d’Ávila
(santo; 1499-1569), autore di un Epistolario spirituale tra tutti gli stati;e
il già cit. gesuita Luis de la Puente (Guía spiritual, e soprattutto: De
la perfección del christiano en todos sus estrado).
La ricerca storica:questione dell’episcopato di
Escrivá
Consultando
l’archivio di ex-numerari, pubblicato nel sito http://www.opuslibros.org/nuevaweb/, emerge anche la ricerca storica condotta da
Marcus Tank.[72] A
tale contributo si possono aggiungere quelli
di Jaume García Moles[73]
e del p. Giancarlo Rocca[74].
Tank, in particolare, ha esaminato vari documenti conservati nell'archivio della Fondazione ‘Francisco
Franco’ e nel fascicolo del Ministero degli Affari Esteri riguardante il
Caudillo.
Sulla base delle
indagini effettuate, questo A. afferma che la proposta di nominare vescovo
Escrivá non fu un’iniziativa
dell'autorità ecclesiastica del tempo ma un passo compiuto dallo stesso
interessato. Ciò avvenne, sostiene Tank, tramite azioni del fondatore che
utilizzò i propri referenti politici vicini al Caudillo Francisco Franco. Al
riguardo i documentiri trovati e
pubblicati in Spagna attestano vari passaggi che sono stati affrontati per
raggiungere lo scopo prefisso. In un contesto così delicato emergono alcuni
dati storici che qui di seguito si riportano.
1] Un elemento-chiave
dell’intera dinamica fu mons. Álvaro del Portillo, braccio destro di Escrivá.
Egli si mosse in direzione della
Segreteria di Stato vaticana;
2] tale iniziativa
fu parallela a quella effettuata presso il governo franchista (il Generalissimo
Franco, per un antico privilegio
concesso alla Spagna, conservava il diritto di presentare alla Santa Sede i
nominativi di possibili candidati alla nomina vescovile) attraverso i politici
vicini all’Opus Dei;
3] l’episcopato
spagnolo, comunque, non si dimostrò un sostenitore della candidatura di
Escrivá.[75]
Su tutta questa
dinamica del Portillo non fece alcun cenno quando fu chiamato a deporre in
occasione del processo di canonizzazione di Escrivá.
A questo punto è
utile cercare di riassumere i fatti riportati da Tank. Álvaro del Portillo, prima di
stabilirsi in modo definitivo a Roma, raggiunse più volte l’Urbe per
seguire l’iter riguardante l’approvazione pontificia dell’Opus Dei. Un viaggio
lo affrontò nel 1943 (ancora laico). In quell’anno (il 4 giugno) fu ricevuto da
Pio XII. Nel febbraio del 1946, del Portillo si recò a Roma ove rimase diversi
mesi.
1] In questa
progressione temporale non si conosce la data in cui del Portillo parlò della
possibile nomina a vescovo di Escrivá con mons. Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI), responsabile
degli affari interni della Segreteria di Stato.
2] Malgrado ciò, si
può comunque affermare che mons.
Domenico Tardini (responsabile dei
rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato) era a conoscenza dell’iniziativa di del Portillo quando ricevette
in Vaticano l’ambasciatore di Spagna nei primi giorni del novembre 1946.
3] Il fatto
succitato è documentato da una lettera che l’ambasciatore spagnolo presso la
Santa Sede (Pablo de
Churruca y Dotres, marqués de Aycinena) scrisse al ministro spagnolo per
gli Affari Esteri (Alberto Martín-Artajo Álvarez).
Nella missiva, datata 6 novembre 1946, l’ambasciatore riferì di un incontro con
mons. Tardini in Vaticano. In tale occasione egli aveva fatto riferimento alla
nomina di un vicario generale castrense. Mons. Tardini, mantenne però una linea
di riserbo.Inoltre, l’ambasciatore,
dalla conversazione con Tardini, ricavò l’impressione che la questione
non era stata sollevata per la prima volta. Ebbe una conferma di ciò quando in seguito
seppe “que el Padre Portillo, Delegado aquí del ‘Opus Dei’ había ya tratado del
caso con Monseñor Montini para la obtención de dicho nombramiento, unido al
rango episcopal de Obispo de Sión, a favor del Padre Escribá de Romaní”[76].
A questo punto, nella
lettera dell’ambasciatore, si trova un passaggio significativo. Egli scrive:
“Como he tenido ya ocasión de decir a Ud. en aguna otra ocasión, la intervención de estos agentes oficiosos
dificultan mucho a la gestión officia[77], lo que ocurre en este
caso, pues no teniendo yo instrucciones de Ud. Para menziona ningun nombre a
Monseñor Tardini, éste interpretò como falta de franqueza por mi parte el no mentar nada que se refiriera a la gestión
hecha anteriormente por el Padre Portillo cerca de Monseñor Montini.
Creo sin embargo
que si Ud. Quiere aclararme sus propósitos dandome el nombre de la persona
sobre la que haya fijad su atención el Gobierno, se podrá conseguir lo que se
desea. Por de pronto, como antes le digo, he enviado a Monseñor Tardini los antecedentes
del asunto y espero que en una próxima conversación volvamos a tratar del
tema”.[78]
La ricerca storica: questione dell’episcopato…
(segue)
Il 2
giugno 1956, il ministro spagnolo degli Affari Esteri scrive una lettera
all’ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede (Fernando María Castiella).
Nella missiva lo informa di quanto segue: “El Secretario General del Opus Dei,
Antonio Pérez[79], que
me visitò el otro día, me dijo que los Opus Dei piensan ahora que quizá haya
sido acertada la resistencia de la Santa
Sede de nombrar Obispo residencial a su fundador Padre Escrivá[80],
pero añade que sigue siendo conveniente que alguno desus inmediatos
colaboradores sea promovido a esa dignidad y me sugiere el nombre de Don Álvaro
del Portillo, cuyo “curriculum vitae” te envío aunque bien sé que leconoces
personalmente.
En
miditimo despacho con el Nuncio le df esta noticia y ese nombre que en
principio ha tomado en consideración, Aprecia sus buenas dotes”.[81]
La ricerca storica: questione dell’episcopato…
(segue)
Quest’ultima
vicenda è seria, sottolinea Tank (cit.),
perché attesta interferenze nella politica del governo spagnolo. Vengono
inoltre date per scontate decisioni di Madrid non ancora deliberate. In definitiva è presentato come fatto acquisito
un dato spurio: e cioè che il
governo spagnolo era sul punto di far nominare vescovo Escrivá
dalle alte gerarchie ecclesiastiche. Sul piano pastorale il fondatore dell’Opus
Dei doveva diventare Vicario generale castrense.[82] In quel periodo, però,
non esisteva il Vicariato della Castiglia (anche se era in progetto un suo
ripristino), non erano stati attivati colloqui ufficiali di merito tra Madrid e
il Vaticano, e permanevano questioni ecclesiali legate ai sacerdoti candidabili al ruolo di vescovo.
In definitiva- questa è la tesi di Tank -l’origine
dell’iniziativa mirata a far nominare vescovo Escrivánon è da individuare nel
governo spagnolo, o nella Santa Sede, o
nell’episcopato di Spagna, ma nella stessa Opus Dei (ove il fondatore dirigeva i passi strategici).
Per sostenere
tale tesi Marcus Tank pubblica altri documenti dell’epoca ottenuti in copia
dalla Fondazione Francisco Franco. E scrive
che in modo graduale Escrivá si stava avvicinando alla nomina a vescovo residenziale.
1] In
particolare il fondatore, aveva fatto presentare la sua candidatura al Capo
dello Stato attraverso il ministro dell'educazione José Ibáñez Martín. Questo
politico era un amico personale di Escrivá. Lo si può definire un
soprannumerario in pectore dell’Opus
Dei (in quel momento non esisteva la figura del soprannumerario).
2] A
questo punto Tank pubblica un elenco di dati informativi della Direzione
Generale della Sicurezza (1942) riguardanti
alcuni sacerdoti (possibili candidati). L’elenco non è proprio redatto
in modo chiaro. Vi si trovano pure
dei commenti scritti a mano dal
Generalissimo Franco.
3] Nello
studio di Tank si trova inoltre il curriculum
vitae di Escrivá (scritto da lui probabilmente nel 1945; risulta evidente
il suo stile). Dal suo curriculum colpisce
il fatto che il fondatore colloca al primo posto gli studi civili di Legge,
mentre non appaiono i gradi accademici dei suoi studi sacerdotali (Tank scrive
al riguardo: “Non gli aveva”).).
Si riporta in modo confuso: “Ha fatto tutti gli
studi di Teologia (Meritissimus)
nell’allora Università Pontificia di Saragozza”.
4] Nei curricula degli altri due sacerdoti
viene apprezzato il fatto che avevano fatto studi ecclesiastici di livello
superiore, e che dimostravano di possedere
un elevato cursus accademico. Le informazioni fornite dalla Direzione
Generale della Sicurezza di Stato forniscono pure dei dati sugli orientamenti
politici dei candidati, sull’adesione ideologica ai princìpi del Movimento
Nazionale di Franco, e sulla simpatia verso il Partito.
Francisco Franco e i candidati al vescovato
Al
Capo dello Stato spagnolo spettava il privilegio storico di trasmettere una
lista di candidati (sei) per la diocesi vacante al Nunzio pontificio, residente a Madrid.
Quest’ultimo consegnava poi il fascicolo alla Segreteria di Stato vaticana.
Qui, l’elenco si riduceva a tre candidati seguendo un ordine di
preferenza. Il documento era poi
restituito al Caudillo Franco che sceglieva in genere il primo nominativo. Se
sussistevano problemi si ricominciava il procedimento. A questo punto
conservano rilievo alcuni documenti pubblicati da Tank. Si tratta degli elenchi
di candidati per il ruolo di vescovo
rispettivamente nella diocesi di Vitoria e in quella di San Sebastián.
Per la diocesi di Vitoria il governo spagnolo prepara una lista
di candidati ove si trova inserito anche Escrivá.Gli ecclesiastici individuati
erano già vescovi, tranne Escrivá. Nella prima lista (5 gennaio 1950) Escrivá è
posizionato al secondo posto. Nella seconda lista (10 gennaio 1950) il
nominativo di Escrivá viene cancellato.
Accanto si trova un’annotazione: “Per non essere episcopabile”. Su questo fatto gli storici si sono
interrogati. Perché nell’arco di pochi giorni la candidatura del fondatore
dell’Opus Dei viene annullata? È immediato pensare a un motivo molto grave.
Secondo
Tank, esistevano probabilmente delle
ragioni collegate alla personalità, alla psicologia di Escrivá. Su questo punto
anche Giancarlo Rocca fa riferimento a una situazione molto seria ricordando
che per ben due volte la candidatura di Escrivá venne bloccata con due “dilata” (nel 1945 e nel 1950).[83] Talune
criticità riguardarono la formazione dei sacerdoti membri dell’Opera e la
personalità del fondatore (con rif. ad aspetti psicologi poco chiari).
Nella
terza lista riguardante la diocesi di Vitoria, Escrivá figura al sesto posto.
Vi si legge un’annotazione a mano: “anotado
(o añadido)el 23/1/50”.
Esiste
poi una documentazione (pubblicata da Tank) che riguarda la diocesi
di San Sebastián. Nella prima lista di candidati ad essere vescovi
(1950) Escrivá è al secondo posto ma il suo nominativo si trova cancellato.
Ormai era noto il fatto che era stato dichiarato in precedenza non
episcopabile. Nella seconda lista non c’è Escrivá. Anche nella terza lista non
si trova il fondatore dell’Opus Dei
.
In
tale contesto, Tank delinea alcune criticità: 1] sono le autorità
ecclesiastiche che non approvano la
candidatura di Escrivá a vescovo (motivi
legati anche alla sua psiche?); 2]Escrivá era disposto (1950) a
lasciare il suo ruolo guida nell’Opus Dei in caso di nomina a
vescovo.
La ricerca storica: scritti di Escrivà individuati in autori antecedenti
Esiste
ancora una ricerca storica su Escrivá che è stata realizzata da un autore che
si firma Stoner.[84] In
questo testo, fin dalla prima riga, si fa riferimento alle massime contenute
nel libro del fondatore dell’Opus Dei dal titolo: “Solco”. Il numero che
interessa è il 259. Riguarda il tema dell’umiltà. In questa parte dell’opera si
sottolinea che:
- la
preghiera è l’umiltà dell’uomo che riconosce la sua profonda miseria e la
grandezza di Dio (…),
-“fede” è
l’umiltà della ragione (…),
-“l’obbedienza”
è l’umiltà della volontà (…),
-“castità”
è l’umiltà della carne (…),
-“fuori
mortificazione” è l’umiltà dei sensi,
-“penitenza”
è l’umiltà di tutte le passioni (…),
-
l’umiltà è la verità nel percorso della lotta ascetica.
In tale
contesto, Stoner scrive che l’origine di tale meditazione non è da ricondurre a
Escrivá, ma è da attribuire al religioso
gesuita p. Pierre Chaignon (1791-1883)[85].
Quest’ultimo fu autore del libro dal
titolo: Nouveau Cours deMéditations
Sacerdotales.[86]
Tale testo venne letto dal fondatore dell’Opus Dei durante gli esercizi spirituali a cui partecipò nel
1932a Segovia.
Unitamente
a ciò il già cit. Toner indica nel
suo studio un altro lavoro di Escrivá ripreso da altro autore. Si tratta del
punto 734 di Cammino (che costituisce
anche il punto 1.2 del libretto Via
Crucisdel fondatore dell’Opus Dei).
Ecco il
testo del gesuita Chaignon: “Pero ha llegado vuestra hora y el poder de las
tinieblas. Vuestra hora! ¿El
hombre tiene pues su hora? ¡Sí, y Dios su eternidad! (…)” (MeditaciónLXXXII).[87]
Scrive
Escrivá: “Ésta es vuestra hora y el poder de las tinieblas” - Luego, ¿el hombre
pecador tiene su hora? - Sí, ¡y Dios su eternidad!” (Camino, 734).
La ricerca storica:Álvaro
del Portillo
Mentre
aumentano gli studi storici su Escrivá de Balaguer, si ampliano pure le
ricerche che riguardano il suo successore: mons. Álvaro del Portillo.[88]
In particolare, quello che ha destato sorpresa in più autori[89]sono
i silenzi di questo prelato su
aspetti-chiave della vita del fondatore dell’Opus Dei. Quando vennero
presentati gli atti riguardanti la causa di beatificazione di Escriváfurono in
molti a notare che la testimonianza di
del Portillo occupava gran parte del materiale presentato dalla
postulazione. Ciò colpì alcuni storici
perché questo prelato fu confessore di
Escrivá dal 1944 al 1975. Per tale motivo, si diceva, era necessario
seguire la costante prassi della Chiesache suggerisce di non inserire tra i
testi i confessori personali del candidato.
La prassi
cit. non fu applicata e avvenne un
fatto. Nella testimonianza di del Portillo (cit.in
seguito da autori vicini all’Opus Dei) diversi studiosi individuarono molteplici omissioni, silenzi e affermazioni spurie. Tutto quanto
poteva creare un problema venne cancellato. Del Portillo ad esempio tacque sui
dettagli dell’annosa vicenda che riguardò la candidatura di Escrivá a vescovo (cit.). Ma - soprattutto - questo prelato
affermò sotto giuramento che in
tutta la sua vita Escrivá si era sempre dimostrato una persona calma, serena,
timidamente nascosta, costantemente umile, pronta al perdono e all’abbraccio
con un interlocutore “critico”. Anche sulla base di questa testimonianza si
concluse in positivo il processo di canonizzazione.
A questo
punto, però, avvenne un fatto. Molti ex-numerari[90]
(persone, cioè, uscite dall’Opus Dei già al tempo del fondatore), organizzati in
movimento e gestori di siti web in più Paesi, oltre che autori di libri,
denunciarono il fatto che la personalità
di Escrivá si era in molteplici occasioni rivelata estremamente diversa da quella che viene
descritta nelle biografie ufficiali. In pratica, davanti a delle contrarietà
(specie in presenza di soggetti che avevano scelto di lasciare l’Istituzione o
davanti a critiche),Escrivá aveva rivelato un carattere collerico, violento,
aggressivo, e lo stesso suo frasario era fortemente reprensibile.Su tale
aspetto, si diceva, la Congregazione per le cause dei santi non aveva mai voluto svolgere accertamenti.
Ma quali
persone raccontarono del carattere di Escrivá? Si annotano qui di seguito
alcuniesempi.[91]
-Alberto
Moncada, El Opus Dei: una interpretación (1974). Historia oral del Opus Dei (1987).
-Luis Carandell, Vida y
milagros de monseñor Escrivá de Balaguer, fundador del Opus Dei (1975).
-María Angustias Moreno: El Opus Dei. Anexo a una historia (1977); La otra cara del Opus Dei (1978); El Opus Dei (Testimonio) (1992).
-P.
Vladimir Feltzmann:intervista
rilasciata al teologo cattolico tedesco
Peter Hertel (11 maggio1984).[92]
-María del Carmen Tapia, Tras el
umbral. Una vida en el Opus Dei (1992).
-Rosario Badules López, Se habla
de sus virtudes eroicas ¿cuales?, in: AA.VV., ‘Escrivá de Balaguer: ¿mito o santo?’ (1992).
-mons. Luigi De Magistris[93]: parere consegnato alla Congregazione per le
cause dei santi (1992).
-John Roche: testimonianza (1992).
Alcune memorie. Moncada.Carandell
Il
prof Alberto Moncada (cit.) nei suoi
scritti ha evidenziato anche questo aspetto del fondatore: “Si potrebbe
dire che il padre sia
affascinante, piacevole e persuasivo quando si è a suo favore, e intollerabile,
intrattabile e maleducato quando i suoi criteri non sono accettati”.[94]
Luis
Carandell (cit.) fa riferimento alla
“santa collera” del fondatore dell’Opus Dei (op.cit., cap. 19).
La rabbia del Padre nel ricordo di María Angustias Moreno
María Angustias Moreno(cit.) scrive: “(…) Quando il Padre insinua qualcosa che gli piace, di cui ha
bisogno o che gli piacerebbe, non importa a che ora sia e qualunque siano i
mezzi (si inventano), lo capisci al
volo. Se il Padre vede qualcosa in una casa
e commenta che sarebbe meglio in un altro modo, o dice ‘questo così no’, viene
immediatamente eseguito; si cambia una tappezzeria, un tipo di porta è sostituito con un altro, si rompe e si
sostituisce una base di marmo anche se solo per una macchia di umidità
insignificante, ecc..
(…)Sono tutti dettagli che ho vissuto; solo alcuni. Dettagli di una vigilanza di figli, che vogliono essere fedeli e che lo fanno mettendo in gioco un'audacia che supera ogni altro tipo di considerazione. Fedeli ad alcuni insegnamenti esistenti e molto difficili, di un Padre che ha segnato la strada. Questo modo di essere e di agire nell’Opera è la conseguenza unica della rabbia del Padre, dei suoi energici rimproveri. Alcuni di noi lo hanno vissuto, da altri lo abbiamo appreso per saperne di più. E i figli del Padre hanno fatto tutto il possibile per farlo bene. Malgrado ciò, il Padre continuaa lamentarsi di quanto sia difficile insegnare e di quanto sia male obbedito. Ma i suoi figli sono silenziosi e continuano a imparare, perché sono stati convinti e credono nella necessità di andare a Dio attraverso il Padre, e solo attraverso di lui”.[95]
La testimonianza del sacerdote Vladimir
Feltzmann
P.
Vladimir Feltzmann[96](cit.) tra i molti ricordi del fondatore
dell’Opus Dei ne cita anche uno sul carattere: “(…) Le biografie che comparvero quando morì (Escrivá) non parlavano mai delle sue
debolezze, dei suoi lati negativi; Escrivá, ad esempio, apriva spesso una porta
con un calcio. Quando qualcosa non era perfetto, non era in ordine, era capace di arrabbiarsi terribilmente».[97]
I ricordi di María del Carmen Tapia
La
Tapia (1925-2016) entrò nell’Opus Dei nel 1948. Ricoprì ruoli dirigenziali.
Conobbe molto bene il fondatore. Uscì dall’Opera nel 1966. Sul carattere di
Escrivá ha lasciato scritto: “(…) Monsignor Escrivá non amava le buone maniere naturali. Era
rude, brusco e maleducato. Quando era arrabbiato e doveva rimproverare non
aveva alcuna moderazione o carità nel modo di farlo; e le sue parole offensive
e violente ferivano profondamente le persone”.[98]
Riguardo
all’interazione finale con Escrivá (avvenuta poco prima della sua uscita
dall’Opera) la Tapia ha annotato:
“(…) dicevo fra i singhiozzi che la cosa che più mi aveva
fatto male era di vedermi ingannata e di sapere che il Padre aveva mentito e
aveva fatto mentire gli altri […] mi avevano mentito per tutto quel tempo […].
Non riuscivo a credere ai miei occhi e alle mie orecchie: quel Padre buono,
affettuoso, che io avevo sempre amato e per il quale avevo fatto tutto nella
mia vita da quando ero entrata nell’Opus Dei, mi aveva inflitto un’ammonizione,
con la minaccia di scacciarmi dall’Opera. Mi sembrava di vedermi crollare il
mondo addosso. Non potevo accettare che monsignor Escrivà fosse così duro e non
mi desse la possibilità di parlare con lui da sola, di ascoltarmi e
interrogarmi prima di giudicare e di giudicare in pubblico. Avevo l’impressione
di essere sottoposta a un processo senza un difensore, e soprattutto mi facevano male le maniere del Padre, la
suamancanza di carità e di compassione…”. [99]
Queste
affermazioni non vennero mai cancellate
nelle successive edizioni (in più lingue) del libro già cit... Anche in occasione della beatificazione di Escrivá la Tapia
precisò ulteriormente sul quotidiano spagnolo ‘El País’ (9 maggio 1992) quanto aveva già divulgato.
Il
24 dicembre del 2001 l’agenzia ANSA rese nota una “dichiarazione” della Tapia
ove erano apparentemente cambiate le sue
posizioni. Ci fu sorpresa anche tra gli storici perché la Tapia era stata
respinta come testimone nel processo di beatificazione di Escrivá proprio per
le critiche al fondatore e all’Opera. In seguito, dallo studio dell’intera
dinamica, emersero alcune evidenze. Il testo dato all’ANSA non aveva la firma autografa della donna. Mancava
il documento originario (quello, cioè, che avrebbe preparato la Tapia). Lo
schema della “dichiarazione” seguiva
stranamente dei punti contenuti nella relazione del postulatore. Era
sparita anche una documentazione sull’Opera che la Tapia conservava in privato.
Da aggiungere che - fino alla morte - la
Tapia non ritirò mai le affermazioni contenute nel suo libro “Oltre la soglia”.[100]Tutto
questo fece presto capire a molti l’intera dinamica (pressioni su una donna
vicina agli 80 anni).
Le affermazioni di Rosario
Badules López
Si riporta qui di seguito senza commento
un passo dell’A. già cit. in
precedenza:
“ (…) b) Tenía un carácter colérico y hablaba mal de todo el mundo. Son muchas las personas
que sufrimos sus desaires, sus antipatías, sus gritos, su cólera. Pero como no podíamos desahogarnos con
nadie más que con la Directora, esta nunca reconocía una falta del Padre. Y
siempre se decía "lo has disgustado". Yo he conocido a muchas presonas
que le tenían miedo. Yo misma todavía sueño alguna vez que estoy en el Opus y
vuelvo a sentir la opresión y el miedo que me producía su persona.
Estallaba en furia por cosas insignificantes que él traducía "como faltas
de amor de Dios". Por ejemplo que un objeto estuviera un poco torcido, que
las sirvientes se dejaran algún utensilio de limpieza olvidado, que hubiese un
pequeño fallo en la comida, o que ésta no fuera de su gusto. Entonces chillaba,
se enfadaba, gritaba y nosotras recibíamos el chaparrón sin chistar.
Un
día que llovía a cántaros, el verdulero que traía la fruta entró en la cocina
con las provisiones, para no mojarse ya que la puerta de la cocina daba
directamente al jardín. El padre Escrivá pasó por allí y lo vio. Había dado
orden de que ningún proveedor hombre podía entrar jamás (porque siempre era
"jamás". Su obsesión sexual era enfermizada. Sus gritos se oían por
toda la casa.
Nunca
sabíamos el motivo para que en cualquier momento irrumpiera en gritos, tal era
la violencia de su carácter. Según él, nunca era tratado con el honor,
reverencia, cariño que merecía, siempre estábamos en deuda.
Hablaba
mal de todo el mundo. En el proceso de beatificación, se habla de virtudes
heroicas. ¿Qué virtudes? Creo que de la que hay que hablar es de la virtud por
excelencia que es la caridad y yo no la vi por ninguna parte.
El
día que ingresé en el Opus me dijeron que fuera a saludarle a la casa de Diego
de León. Me dijo que habia venido a morirme en la Obra y me advirtió que una
numeraria con la que yo iba a convivir no tenía buen espíritu y que pronto
llegaría otra de Valencia que era tonta. Mi impresión fue tremenda.
Después
le oí hablar mal del Papa, de los obispos, de los jesuitas, (les llamaba
"los de siempre") de gente de todo tipo y de los mismos socios de
Obra. Sólo era bueno Alvaro del Portillo al que ensalzaba diciendo:
-
¡Álvaro del Portillo! ¡Grande de España no se cuántas veces!
Lo
que no es cierto.
Tenía
fobias personales sin saber por qué. A una numeraria de Roma que se ocupaba de
los oratorios, le tomó manía, y al final de sus vacaciones de verano fuera de
Roma, envió una nota antes de llegar, para que se le enviase a España cuanto
antes porque no quería verla a su regreso. Esta numeraria que ahora no lo es,
nunca supo el motivo porque la mandaron de regreso a España. Allí es muy
frecuente que no te digan nunca el por qué de tantas cosas. Hay personas que han echado del Opus sin decir por qué. A Maria del Carmen Tapia la llamó puta y
puerca”.[101]
(traduzione italiana)
"
(...) b) Aveva un carattere collerico e parlava male di tutto il mondo. Sono
molte le persone che hanno sofferto le
sue offese, le sue antipatie, le sue grida, la sua collera. Però, siccome non
era possibile sfogarsi con nessuno all’infuori che con il direttore, questo non
riconobbe mai una mancanza del Padre. E sempre si diceva ‘lo hai disgustato’.
Io ho conosciuto molte persone che avevano paura di lui. Io stesso ancora sogno
ogni tanto di essere nell’Opus e avverto
l'oppressione e la paura chetutto questo mi produce sulla persona. Esplodeva in modo furioso per cose
insignificanti che interpretava ‘come mancanze di amore di Dio’. Ad esempio, se
un oggetto era collocato un poco di
traverso, se i domestici dimenticavano qualche utensile per la pulizia, se
c'era un piccolo difetto nel cibo, o se questo non era di suo gusto. Poi urlava, si arrabbiava,
gridava e noi ricevevamo la doccia in silenzio.
Un giorno
che pioveva a dirotto, il fruttivendolo che portava la frutta entrò in cucina
con le provviste, lo fece per non bagnarsi approfittando del fatto che la porta
della cucina immetteva direttamente nel giardino. Passò di lì il padre Escrivá e lo vide. Aveva dato
ordineche nessun fornitore di sesso maschiledoveva mai entrare (perché era
sempre“mai”). La sua ossessione in fatto
di sesso era malata. Le sue urla si
udirono in tutta la casa.
Non
abbiamo mai saputo il motivo per cui in qualsiasi momento irrompeva in grida, tale era la violenza del suo carattere. A suo avviso, niente era trattato con
l’onore, la riverenza, l'affetto che meritava, eravamo sempre in debito.
Parlava
male di tutto il mondo. Nel processo di beatificazione, si parla di virtù
eroiche. Quali virtù? Penso che quello di cui dobbiamo parlare sia la virtù per
eccellenza, che è la carità e io non l'ho vista in nessuna occasione.
Il giorno
che entrai nell'Opus mi dissero di andare a salutarlo nella casa di (via) Diego de León. Mi disse che era venuto a morire nell’Opera e mi
avvertì che un numerario con cui sarei andato a convivere non aveva uno spirito buono e che presto
sarebbe arrivato unaltro da Valencia che era stupido. Rimasi fortemente
colpito.
In
seguito l'ho sentito parlare male del
Papa, dei vescovi, dei gesuiti (li chiamava “i soliti”),di
gente di ogni tipo e degli stessi membri dell’Opera. Era buono solo
con Álvaro del Portillo che esaltava dicendo:
-“Álvaro
del Portillo!Grande di Spagna”, non so quante volte.
E questo
non è certo.
Aveva
delle fobie personali senza sapere il motivo.
Nei confronti di una numeraria di Roma che si occupava degli oratori,
gli prese una manìa, e alla fine delle
sue vacanze estive fuori Roma, inviò uno scritto prima di arrivare, in modo che
fosse mandata in Spagna il prima possibile perché non voleva vederla al suo
ritorno. Questa numeraria, che adesso non lo è, non seppe mai il motivo per cui
l'avevano rimandata in Spagna. È molto
frequente che non ti dicano mai il perché di tante cose. Ci sono persone che (quelli dell’Istituzione) hanno buttato
fuori dall’Opera senza dire perché. María del Carmen Tapia (Escrivá) la chiamò puttana e porca”.[102]
Il parere di mons. Luigi De Magistris
Mons. De
Magistris (cit.) fu chiamato dalla
Congregazione per le cause dei santi a consegnare un parere scritto in merito
alla figura di Escrivá de Balaguer (processo di beatificazione).[103]
Questo ecclesiastico, in un modo molto delicato, fece comprendere che era
meglio propendere per un dilata al
fine di studiare più in dettaglio alcuni aspetti. Si trattava, in pratica, di
un parere negativo. Esistevano infatti “anche specifiche ragioni di cautela
connesse col fatto delle opposizioni che si sono levate e contro il personaggio
e contro la sua opera”.Inoltre, “affrontare a soli 14 anni di distanza la
responsabilità di pronunziarsi sulla eroicità delle sue virtù (…) appare
impresa assolutamente da sconsigliare”. Tale posizione, in definitiva, rispecchiava il pensiero anche di altre
persone, tra cui quello di mons. Justo
Fernández Alonso.[104]
Al riguardo, la ricerca storica ha potuto acquisire nuovi dati. Mons. De
Magistris aveva oggettive riserve sulla santità di Escrivá perché lo aveva a
suo tempo visto perdere la calma (e diventare aggressivo) in occasione di una
cena promossa nei pressi del Vaticano.
Di tale episodio ne volle parlare con altri colleghi, tra questi il
gesuita p. Peter Gumpel.[105]
Questo religioso ha conservato molto lucido il ricordo di quel colloquio. Nel
2018 ha pure firmato una testimonianza in merito trasmessa al Prefetto della
Congregazione per le cause dei santi.[106]
L’iniziativa rimane legata a un quesito: si può canonizzare mons. Álvaro del
Portillo? Quest’ultimo, sotto giuramento, affermò che il
fondatore dell’Opus Dei mantenne in tutta la sua vita un atteggiamento umile,
caritatevole, nascosto. Non fu mai collerico e aggressivo. Ma i documenti che
sono riemersi nel recente periodo attestano una diversa versione.[107]
John Roche sulla personalità
di Escrivá
Il dott.
John Roche[108],
docente di storia della scienza presso il Linacre College di Oxford, nella testimonianza resa nel 1992, affermò tra l’altro: “(…) Per essere un membro (dell’Istituzione), Escrivá esigeva (che tutti credessero) che l'Opera gli
fosse stata rivelata da Dio, che l'Opera era quindi ‘assolutamente perfetta’, e
che lui stesso era infallibile riguardo allo ‘spirito dell'Opera’. È
facile capire come un membro molto anziano venne a dirmi, nel 1973, ‘che se
dovessi scegliere seguirei il Padre piuttosto che il Papa’. A quel tempo, lo
stesso fondatore diceva spesso che la ‘Chiesa era marcia’ e che ‘non credeva
più nei Papi o nei vescovi’.”[109]
La ricerca storica:JavierEchevarría
Nel
contesto delineato emerge “la traccia” segnata da più autori. Tale linea accentua
un punto: sul piano storico mons. Álvaro del Portillo ha reso alla Congregazione per le cause dei santi
una testimonianza su Escrivá visibilmente parziale, tacendo dati essenziali, e
pur consapevole di essere sotto giuramento.[110]
Tale
fatto ha spinto diversi studiosi a osservare anche le posizioni dei successivi
prelati dell’Opus Dei. Sono emerse alcune evidenze. Dopo del Portillo ha guidato l’Istituzione
dal 1994 mons. Javier Echevarría Rodríguez (1932-2016).[111] Nel 2006
Echevarría rilasciò un’intervista al quotidiano ‘Le Figaro’. [112]Gli
venne posta, tra le altre, anche questa domanda:
“Qualunque
sia l’autonomia finanziaria delle associazioni che fanno capo a membri
dell’Opus Dei, dovrebbe essere facile, nell’era dell’informatica, stilarne una
lista e calcolare l’ammontare dei fondi che gestiscono. Perché non farlo? È per
non accreditare l’idea che l’Opus Dei sia “immensamente ricca” o, invece,
proprio per lasciarlo intendere?”.
A
tale quesito Echevarría rispose: “La cosa essenziale è l’iniziativa libera e
responsabile che nasce dalla base. Quali sono le associazioni gestite dai
fedeli della Prelatura? È evidente che
io non lo so, e neanche i miei collaboratori. Ai miei occhi non esiste nemmeno un simile concetto, è una chimera[113]:
ammettendo che sia possibile fare il genere di conto di cui lei parla, se ne
ricaverebbe un inventario composito: una mela più due sedie, quanti violini o
quanti palloni da calcio fanno? (…)”.[114]
Tale
frase, molto decisa, colpì anche gli storici perché proprio dai siti vicini
all’Opus Dei è possibile ricavare l’elenco delle opere apostoliche, con i
programmi e i progetti in corso. Inoltre, vengono trasmessi dalle diverse
espressioni dell’Istituzione moduli di conto corrente per ricevere periodiche offerte
per specifiche opere. Si aggiungano, inoltre, i report preparati per i vescovi
e per la Santa Sede.
Questa
e altre affermazioni del prelato motivarono in taluni autori l’esigenza di sviluppare ulteriori ricerche. In tali studi vennero
focalizzati, tra l’altro, anche dei rilievi formulati dal famoso architetto, urbanista e pittore Miguel Fisac Serna (1913-2006;
ex numerario) e dalla dottoressa María del Carmen Tapia (1925-2016; ex numeraria).
Fisac
cercò di testimoniare nel corso del processo di beatificazione di Escrivá. Gli
era stato vicino dal 27 febbraio 1936 al 27 settembre 1955. Il cardinale
Tarancón[115] lo informò, però, che la sua richiesta di
fornire informazioni su Escrivá non era
stata accolta dalla commissione. Negli atti del processo di beatificazione c’è
la motivazione. Fisac venne definito persona psichicamente squilibrata.
Tale indicazione fu espressa dal teste
n. 2, mons. Javier Echevarría (2343-2344; pp. 765-766). Le dichiarazioni
vennero coperte da segreto. Solo in seguito Fisac poté replicare:
-
respingendo alcuni dati (egli aveva
offerto più contributi e varie consulenze professionali, aveva donato i
suoi guadagni all’Istituzione, e lo stesso fondatore gli aveva proposto di
ricoprire ruoli di responsabilità),
-
e raccontando le criticità emerse quando scelse in modo definitivo di lasciare
l’Opus Dei (pressioni, critiche, frasi spiacevoli e poco caritative).
In
tale contesto, Fisac sottolineò l’ambiguità di Echevarría. Quest’ultimo:
-
non riferì che Fisac non aveva mai
presentato domanda di ammissione all’Opera;
-
affermò che l’architetto aveva svolto un ruolo efficace (senza chiarire in
merito),
-
non evidenziò il fatto che il fondatore lo chiamò a Roma per pareri
sull’edificazione della casa centrale dell’Opera.
Inoltre,
l’architetto indicò una serie di affermazioni
spurie comunicateda Echevarría sotto giuramento. Ad esempio: l’aver
assistito di persona a molteplici attenzioni rivolte a Fisac da Escrivá, durate
lunghe ore. Ma ciò è stato negato da Fisac.
Sul
piano storico Fisac ha espresso opinioni esplicite. Vivente il fondatore disse
a quest’ultimo che aveva un gusto molto cattivo. Che non capiva di architettura
o musica o cultura in generale. Con riferimento ai lavori svolti presso la sede
centrale dell’Opera, Fisac criticò gli elevati investimenti economici e lo
stile architettonico legato a schemi di altri tempi. Inoltre espresse in
seguito riserve su Escrivá (i suoi giudizi
erano severi, non parlava bene di
nessuno).[116]
La
dottoressa María
del Carmen Tapia operò all’interno dell’Opus Dei dal 1948 al 1966. Fu anche la
segretaria personale di Escrivá. Anche questa ex-numeraria cercò di
testimoniare durante il processo di
beatificazione di Escrivá ma non le venne permesso. Si riuscì poi a sapere che
era stata messa da parte a motivo di gravi condotte sul piano morale. La donna
cercò di difendersi e scrisse pure una lettera a Giovanni Paolo II (2 agosto
1991). Le fu chiusa ogni porta. Nella missiva trasmessa al Papa la donna
riferì un fatto: chi era uscito
dall’Istituzione veniva allontanato dal
processo di beatificazione. Era considerato un soggetto pericoloso perché
poteva rendere noti aspetti interni (rif. al fondatore e all’Opera) in netta controtendenza
rispetto a quanto raccontato ufficialmente dall’Opera.
In tale contesto si colloca la
figuradi mons. Javier Echevarría (cit.). Fu lui a formulare delle
dichiarazioni pesanti sulla Tapia essendo il teste numero 2 nel processo di
beatificazione di Escrivá[117]:
Affermò in particolare:“Carmen Tapia è un’altra persona che causò grande dolore
al Servo di Dio, per il suo comportamento depravato con il quale tanto offese
il Signore. Fu questa donna a causare, all’inizio degli anni cinquanta, il
primo errore del sacerdote indio a cui ho fatto riferimento all’inizio di questi
casi”.
E
ancora: “(…) provò la perversione di alcune donne con le peggiori aberrazioni”.[118] Esiste
comunque un altro documento ove la linea di Echevarría segue completamente
un’altra strada. In una missiva alla Tapia (Roma, 14 ottobre 2013), Echevarría
tace sui contenuti delle sue dichiarazioni in Vaticano e contesta invece all’ex
numeraria quanto contenuto nel suo libro (“Oltre la soglia. Una vita nell’Opus
Dei”) uscito nell’edizione inglese[119] e
diffuso anche in Sudafrica. Egli afferma che i ricordi dell’autrice non sono
veri, che la donna dimostra di essere contro l’Opera e contro san Josemaría.
L’Opera non è una setta, non è maschilista, non attua discriminazioni. Le frasi
attribuite al fondatore sono false. Ad esempio quella secondo la quale Escrivá
avrebbe sostenuto che la Confidenza era molto più importante della Confessione.
In conclusione, in questo caso, i temi trattati non sono quelli esposti sotto
giuramento alla Congregazione per le cause dei santi.
Ma
la questione è più vasta. La Tapia, infatti, si difese dalle accuse (conosciute
attraverso un giornalista) inserite nella deposizione giurata di Echevarría. E
scrisse a quest’ultimo una lettera che è stata pubblicata. È datata 11novembre
2013. Questo il titolo: “Difesa di María del Carmen Tapia frente a las
acusaciones de Javier Echevarría”.[120] Nel
testo, la donna - al fine di proteggere fama, onore e il buon nome della sua
famiglia - definisce false e calunniose
le affermazioni di Echevarría su di lei, e chiede una chiara rettifica davanti
alla Chiesa.[121]
Tapia e Echevarría moriranno nel medesimo anno.[122] A
Santa Barbara (California), ove la donna risiedette nel suo ultimo periodo di
vita, le testimonianze su di lei sono tutte positive. A Roma, presso la sede
centrale dell’Opera, le frasi messe per iscritto da Echevarría non sono state
ufficialmente rimodulate.
La ricerca storica: Fernando Ocáriz Braña
Terzo
successore di Escrivá è mons. Fernando Ocáriz Braña.[123]
Attualmente gli studi su quest’ultimo attingono soprattutto ai suoi scritti,
specie alle Lettere trasmesse
periodicamente ai membri dell’Opus Dei. Sul piano storico si cerca di
comprendere se esistono elementi attestanti un rinnovamento interno. In tale
contesto alcune frasi sembrerebbero
indicare delle svolte, dei mutamenti. Ad esempio[124]:
“(…) Penso, per esempio, a quelle
persone che sono state in contatto con il lavoro dell’Opus Dei e alle quali non
siamo stati in grado di rispondere con la generosità e l’affetto di cui avevano
bisogno. Il 90° anniversario ci porta a dire a Dio (…): ‘Grazie, perdono, aiutami di più’.”[125]
Esistono poi delle indicazioni di Ocáriz
che sembrano spingere verso un colloquio più profondo con i diversi
interlocutori dell’Opera. Ad esempio:
1] “(…) Perché la nuova evangelizzazione
dia frutti, è decisiva la comunione prima di tutto fra i cattolici. Far
crescere l’apprezzamento reciproco tra i fedeli della Chiesa, e tra i più diversi gruppi che possono
esistere, fa parte della nostra missione nella grande famiglia dei figli e
delle figlie di Dio”. In pratica occorre: “(…) contribuire a far sì che
all’interno della Chiesa si respiri il clima della carità autentica. È
necessario rafforzare, caso per caso nel modo più opportuno, la relazione con persone di altre istituzioni e realtà
della Chiesa, superare eventuali malintesi e affidare al Signore le
iniziative prodotte da altri, vivendo l’umiltà collettiva”.[126]
2] “(…) Senza chiudersi in un atteggiamento meramente difensivo, è
necessario farsi carico della validità delle diverse posizioni, dialogare con
altre persone, imparando da tutti e rispettandone accuratamente la libertà,
ancor più nelle materie opinabili”.[127]
3] “(…) Le università che sono
iniziative apostoliche devono continuare a promuovere la ricerca (…) e a creare
spazi di collaborazione con intellettuali di prestigio mondiale. Questo lavoro
aiuterà a svolgere paradigmi scientifici e modelli concettuali coerenti con una
visione cristiana della persona (…). Questo atteggiamento di servizio a tutti si
esprime anche, naturalmente, nel rapporto di amicizia con i colleghi di altre
università”.
In definitiva, l’indicazione di Ocáriz
sembra essere quella di mantenere in modo costante un’interazione con i più
diversi interlocutori. Ciò pare il superamento di una linea storica ricordata (anche in tempi
molto recenti) da ex numerari: chi critica l’Opus Dei diventa un “nemico”, ed è
da avversare.[128]
Si conservano però agli atti[129] vari
documenti che sembrerebbero confermare l’orientamento di ‘chiusura’. Esiste, ad
esempio, una lettera on line (settembre
2018) di un numerario spagnolo dell’Opera. Il messaggio è stato trasmesso a un
professore italiano di storia della Chiesa (università pontificia). Nel breve
testo, questo numerario - storico della
Chiesa, ordinario (università pontificia), vice direttore di un dipartimento di
storia ecclesiastica - scrive al suo interlocutore (un amico) che non intende più parlare con lui dell’Opus Dei.
Tale posizione ha destato sorpresa in più ambienti. L’ordinario, infatti, aveva ricevuto in dono dei saggi sull’Opera dallo stesso autore
degli scritti. Ciò attestava una volontà di dialogo. Inoltre, l’ordinario
poteva replicare spiegando i punti eventualmente da modificare e le fonti da
utilizzare. Rimane così un quesito: perché mantenere una linea di non dialogo?
Una considerazione di sintesi
Non è
compito dello storico entrare in dinamiche interne a un’espressione ecclesiale
quale è una Prelatura Personale. Lo studioso può solo inserire nella rete di
contatti con altri autori dei documenti significativi (estratti da varie fonti) al fine di
arricchire lo sviluppo di analisi.
[1]L’Istituto Storico San Josemaría Escrivá (ISJE) è sorto
per iniziativa di S.E. Mons. Javier Echevarría, Prelato dell’Opus Dei, che lo
ha eretto con decreto del 9 gennaio 2001.
[2] Oráculo, Escritos
y 'pseudoescritos' del fundador del Opus Dei, in:
http://opuslibros.org/nuevaweb.
[3] Ad esempio: Josemaría Escrivá de Balaguer, Obras completas, Camino, edición critico-histórica preparada porPedro Rodríguez,
Instituto Historico Josemaria Escrivà, RIALP, Madrid 2002.
[4] Si rimanda agli scritti raccolti in http://opuslibros.org/nuevaweb.
[5]Álvaro del Portillo y Diez de Sollano (beato; 1914-1994). Fu il
più stretto collaboratore e il primo successore di Josemaría Escrivá de
Balaguer alla guida dell'Opus Dei.
[6] Utilizzando
le citazioni fuori dal loro contesto e con significati diversi.
[7]Del espíritu y las
costumbres, Roma 1990.
[8] Fonte: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[9]Programa de formación inicial
(B-10),Roma 1985.
[10] Oráculo, Escritos
y 'pseudoescritos' del fundador del Opus Dei, op.
cit., p. 3.
[11] Escrivá de Balaguer, In dialogo
con il Signore. Testi di predicazione orale, volume IV, introduzione di S.E. mons. Javier Echevarría, Roma
1995, pp. 13-14.
[12] Oráculo, op. cit., p. 3 et al.
(es. Trinity, Engaño a los de arriba y abajo:
entre la ocultación de los métodos y el secuestro del carisma, in
http://www.opuslibros.org/nuevaweb/).
[13] Cf ad es.: La libertà, la politica e
l’Opus Dei. In:
https://opusdei.org/it-it/article/la-liberta-la-politica-e-lopus-dei/. Per
altri studi si rimanda a:https://www.studiaetdocumenta.org/.
[14] Cf ad es. P.L. Guiducci, Opus Dei e
Franchismo. Escrivá de Balaguer e il caudillo Francisco Franco.Intesa, disegni
comuni, sviluppi storici, in ‘Nova Historica’, anno 17, n. 65, 2018, pp.
91-111.
[15] Cf ad es.: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[16]Cammino fu pubblicato per la prima volta nel
1934 con il titolo Considerazioni
spirituali.
[17] Alcune frasi sono state evidenziate in grassetto per la loro significatività.
[18] Archivio della Fondazione Francisco Franco.
[19] Archivio giornale ‘Nueva España’.
[20] Alberto
Martín-Artajo Álvarez (1905-1979).
[21]Felicitaciones entusiastas para los generales Franco
y Perón.- Stoner, in:
http://www.opuslibros.org/nuevaweb/modules.php?name=News&file=article&sid=24947.
[22] Archivio del ministero degli Affari Esteri spagnolo.
[23] Su questo passaggio vari storici esprimono riserve.
[24] Alcune frasi sono state evidenziate
in grassetto per la loro significatività.
[25] Archivio della Fondazione Francisco Franco.
[26] Archivio della Fondazione Francisco Franco.
[27]Ley de Principios del Movimiento
Nacional - Stabilì nel 1958 i principi guida dell'ordinamento
giuridico franchista.
[28] Il ministro Solis controllava il partito
unico, i sindacati, la stampa e la radio
del “Movimiento”.
[29] Á. del Portillo, Entrevista sobre El
Fundador del Opus Dei, Ediciones Rialp, Madrid 1993, p. 41.
[30] Frase evidenziata in grassetto per la sua significatività.
[31] Cf anche: G. Morán, A. Suárez.
Ambición y destino, Random House Mondadori, Barcelona 2011, p. 436.
[32] http://opuslibros.org/escritos/entrevista_fisac.htm.
[33] Es.:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/lopus-dei-e-la-dittatura-spagnola/?printpage=undefined.
[34]Rapporto conservato presso l’Archivio del ministero degli Affari Esteri
spagnolo.
[35] Frasi evidenziate in grassetto per la loro significatività.
[36] San Luigi Gonzaga (1568-1591). Entrato nel noviziato dei gesuiti, morì a
23 anni. Fu colpito dalla peste mentre assisteva i malati segnati dall’epidemia
diffusa a Roma. Benedetto XIII lo canonizzò nel 1726.
[37] Gli storici ritengono che tale episodio sia da inquadrare più in un
contesto di esortazione morale, di edificazione dei fedeli (abituale nel
periodo del primo biografo, Virgilio
Cepàri si, 1926), che in una vicenda supportata da riscontri effettivi.
[38] Pedro Arrupe (servo di Dio; 1907-1991). Spagnolo. Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983. In
grassetto una frase significativa.
[39] Alcune frasi sono state evidenziate
in grassetto per la loro significatività (ndr).
[40] Su questo episodio cf anche: L.
Brunelli, Los recelos de Benelli, In:
‘30 giorni. 30 días en laIglesia y en el mundo’, vol. VI, n. 58-59, 1992, pp.
26-29 (articolo in castellano).
[41]Giovanni
Benelli fu consacrato sacerdote nel
1943. Nel 1966 divenne arcivescovo di Tusuros. Paolo VI lo
volle pro-nunzio
apostolico in Senegal, Il 29 giugno 1967 ebbe l’incarico di sostituto alla Segreteria di Stato. Il 3 giugno del 1977 Benelli fu nominato arcivescovo metropolita di Firenze, e il 27 dello stesso
mese creato cardinale.
[42] Attualmente conservati presso l’Archivio Segreto
Vaticano.
[43] Fondata (15 agosto 1534) dallo
spagnolo Ignazio di Loyola (santo; 1491-1556).
[44] Cf ad es. A. Vàzquez de Prada, Il Fondatore dell'Opus Dei, 3 voll.,
Leonardo Periodici, Milano 1999. Cf 2°
volume, p. 387.
[45] Cf ad
es.: J. Ynfante, La prodigiosa aventura
el Opus Dei, cap. III, 2. ‘El Opus Dei y la Compañía de Jesús’, in
http://www.opuslibros.org/libros.G. Rocca, L'Opus
Dei. Appunti e documenti per una storia, Città Nuova, Roma 1985.
[46]Si trattava del gesuita p. Valentín María Sánchez Ruiz
(1879-1963).
[47] Íñigo López de Loyola,nacque nel 1491 e morì nel
1556.
[48]L. de la Puente, Guía spiritual (1609); De la perfección del christiano en todos sus estrado
(1612-1616).
[49] Cf anche: A. Vázquez De Prada, Il fondatore dell'Opus Dei. La biografia di
San Josemarìa Escrivà, Leonardo
International, Milano 1999, tre volumi.
[50] Cf ad es. capitolo 37 del libro di EscriváCammino.
[51] Fu la madre di Escrivá a far comprendere al figlio l’esigenza di
valorizzare nell’Opus Dei il contributo femminile per affrontare aspetti
pratici della vita quotidiana.
[52] Una posizione critica fu espressa ad es. dal p. Manuel Maria Vergés S.I.
(1886-1956) attivo a Barcellona (Catalogna). Aspetti presi in considerazione:
il libro di Escrivá “Cammino”, la
questione del segreto (evidenziando una possibile tendenza a mentire pur di
mantenerlo), criticità nell’impostazione della
pastorale giovanile.
[53] Documentazione conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano.
[54] Su questo punto cf anche G. Rocca, L’Opus
Dei. Appunti e documenti per una storia, in ‘Claretianum’, 25 (1985), Roma
1985, pp. 5-227.
[55] P. M. Lamet, Pedro Arrupe, Un’esplosione nella Chiesa,
Àncora, Milano 1993.
[56] Esisteva già un’interazione tra Opus Dei e Compagnia a livelli apicali.
[57] Tale fatto viene ricordato anche da L. Carandell nel suo libro dal titolo:
Vida y mila gros de monseñor Escrivá de
Balaguer, fundador del Opus Dei, Editorial Laia, Barcelona 1975.
[59]Colloqui con Mons. Escrivá,
Ares, Milano 1968.
[60] Frase evidenziata in grassetto per
la sua significatività (ndr).
[61]V. Messori, Opus Dei. Un'indagine, Mondadori, Milano 1999, p.
238.
[62] Cf ad es. le testimonianze
contenute nel sito opuslibros nueva web.
Cf anche: P. Hertel, I
segreti dell’Opus Dei, Claudiana, Torino
1997, e
F. Pinotti, Opus Dei segreta, BUR,
Milano 2006.
[63] Il grassetto è stato usato da chi scrive per evidenziare questo passaggio.
[64] Fonte: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[66] I Lettera di Pietro (4,10-11): “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta,
mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme
grazia di Dio. Chi parla, lo faccia
come con parole di Dio; chi esercita un
ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga
glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo”.
[67] Alcune frasi sono state evidenziate in grassetto per la loro
significatività.
[68] Francesco di Sales (santo), Introduzione
alla vita devota, parte I, capitolo 3.
[69] Alfonso de Liguori (santo), Selva di
Materie predicabili, in ‘Opere Complete’, III, Torino 1847, 14.
[70] Ivi, La Pratica di Amare Gesù Cristo,
in ‘Opere Ascetiche’, I, Roma 1933, 79.
[71] Don Giuseppe Frassinetti (venerabile; 1804-1868). Cf: F. Puddu, Giuseppe Frassinetti. Un pastore alservizio
della santità universale, Velar, Gorle (BG) 2013. Il vescovo Guglielmo
Giaquinta (servo di Dio; 1914-1994), fondatore del Movimento Pro Sanctitate. Cf: M. Mazzei, L'apostolo della santità.
Guglielmo Giaquinta, Edizioni Pro Sanctitate, Roma 2003.
[72] M. Tank, Pretensión del episcopato por san Josemaría Escrivá de
Balaguer. Una historia nunca contada, (con fotocopia di documenti), in: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[73]J. García Moles, José María
Escrivá Albás. Algunos problemas históricos, in:
opuslibros… cit..
[74]G. Rocca, Il fondatore dell'Opus Dei. Una valutazione critica, in: ‘Revue d'Histoire Ecclésiastique’,
Leuven, aprile 2007. Cf anche gli scritti pubblicati anche nel sito opuslibros… cit..
[75] Fonti: Archivi diocesani spagnoli,
Archivio Segreto Vaticano.
[76] “… che il
Padre Portillo, Delegato qui dell' "Opus Dei", aveva già trattato del
caso con Monsignore Montini per ottenere
la detta nomina, insieme al rango
episcopale di Vescovo di Sion, a favore del Padre Escribá de Romaní.”
[77] Frase evidenziata in grassetto per la sua significatività.
[78] “Come ho
già avuto occasione di dire a Ud., in altra occasione, l'intervento di questi
agenti informali rende molto difficile la gestione dell'ufficio, situazione che
si verifica in questo caso, dal momento che non ho tue istruzioni per indicare nomi a Monsignor Tardini, quest’ultimo ha valutato come
mancanza di franchezza da parte mia, il fatto di non aver riferito nulla su
quanto attivato da Padre Portillo con Monsignor Montini.
Penso, tuttavia, che se Ud.
vuole chiarire le sue intenzioni dandomi il nome della persona su cui il
governo ha posto la propria attenzione, si potrà ottenere quello che desideri.
Nell’immediato, come ti ho detto prima, ho mandato a Monsignor Tardini i
precedenti della questione e spero che in una prossima conversazione torneremo
a trattare dell’argomento”.
[79]Antonio Pérez-Tenessa Hernández. entrò nell’Opus Dei nel 1939.
Nel 1965 lasciò l’Istituzione.
[80] Frase evidenziata in grassetto per la sua significatività.
[81] “Il
Segretario Generale dell'Opus Dei, Antonio Pérez, che mi ha visitato l'altro
giorno, mi ha detto che l'Opus Dei pensa ora che forse essendo stata accertata
la resistenza della Santa Sede a nominare Vescovo residenziale al suo
fondatore, Padre Escrivá, però aggiunge che continua ad essere conveniente che
alcuni dei suoi collaboratori immediati siano promossi a quella dignità e
suggerisce il nome di don Álvaro del Portillo, il cui "curriculum
vitae" ti mando anche se so che lo conosci di persona.
Nel mio dispaccio al Nunzio gli
ho comunicato questa notizia e quel nome
che in linea di principio ha preso in considerazione. Apprezza le sue buone
doti”.
[82] Vescovo che coordina l’azione dei cappellani militari. In Spagna, per tradizione,
aveva il titolo di vescovo di Sion.
[83] L’espressione latina “dilata”
è usata per indicare la decisione di rinviare a tempi successivi la
decisione. Cf G. Rocca, Los estudios
académicos de San Josemaría Escrivá y Albás, in ‘Claretianum’, vol. XLIX, 2009, pp. 241-297.
[84] Gli ex numerari dell’Opus Dei
firmano talvolta i propri studi con
pseudonimi per proteggersi da pressioni di esponenti dell’Opera. I nomi
effettivi sono però noti all’editore o al curatore del sito web. Anche in
questo caso l’intero documento della ricerca si può trovare in: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[85] T. Campbell, (1908). Pierre Chaignon. ‘The Catholic
Encyclopedia’. 3.
Robert Appleton Company. Retrieved June 20, 2011.
[86] Cinque volumi,
Editore Lainé Frères, Lambres Lez Aires 1867. L’opera si trova pubblicata anche sul sito web dell’università autonoma di
Nuevo León (uno stato del Messico).
[87]“ Ma è
giunto il vostro momento e il potere delle
tenebre. La vostra ora! Allora l'uomo ha il suo tempo? Sì, e Dio, la sua
eternità”.
[88] Álvaro del Portillo (beato; 1914-1994). Primo
successore di Josemaría
Escrivá de Balaguer alla
guida dell'Opus Dei. Vescovo (consacrato nel 1991).
[89] Su questo punto cf anche lo scritto di Naranjaagria, La doppia morale di
Álvaro del Portillo, in:
opuslibros.org/nuevaweb.
[90] Si rimanda a:
http://www.opus-info.org/index.php?title=Category:Personalidad_del_fundador.
[91] Gran parte dei testi qui di seguito indicati sono stati pubblicati anche
nel sito web: http://www.opuslibros.org/nuevaweb.
[92] Edizione italiana: P.
Hertel,I segreti dell‘ Opus Dei. Documenti e retroscena.
Claudiana, Torino 1997.
[93]Nato nel 1926. Nominato vescovo nel 1996.
Pro-Penitenziere Maggiore Emerito e arcivescovo nel 2001. Creato cardinale nel
2015.
[94] A Moncada, El Opus Dei. Una
interpretación. Cf cap. 6: ‘El fundador’, p. 126, Índice,
Madrid 1974.
[95]M. Angustias Moreno, El Opus Dei. Anexo a una historia, op. cit., cap. 9.
[96]Sacerdote di origine cecoslovacca, naturalizzato inglese. Nato nel 1939. Entrò
nell’Opus Dei nel 1959, ne uscì nel 1982.
[97]F. Pinotti, Opus Dei segreta, BUR,
Milano 2006, p. 255.
[98]M. del Carmen Tapia, Tras el umbral. Una vida en el Opus Dei, Ediciones B., SA,
Barcelona 1992.
[99]Id., Oltre la soglia, una vita nell’Opus Dei,
op. cit., pp. 328-331. Evidenziata in
grassetto una frase per la sua significatività.
[100] Sulle vicende di questa donna cf anche: Opus Dei i panzer del Signore, in
Repubblica, 15 gennaio 1997.
[101]R. Badules López,Se habla
de sus virtudes eroicas ¿cuales?, in: AA.VV., ‘Escrivá de Balaguer: ¿mito o santo?’, cap. 1,
Libertarias/Prodhufi, Madrid 1992.
[102] Alcune frasi sono state evidenziate in grassetto per la loro
significatività.
[103] Mons. Luigi De Magistris, voto VI, in: ‘Il Regno’, 9, n. 682, 1 maggio
1992, pp. 301-304.
[104]Mons. Justo Fernández Alonso (1924-1999). Allora rettore della chiesa nazionale spagnola a Roma.
Consultore presso la Congregazione per le cause dei santi.
[105]Peter Gumpel (nato nel 1923) è un sacerdotegesuita tedesco. Storico
della Chiesa.Professore emerito dell'Università Gregoriana (Roma). È stato vice postulatore della causa di beatificazione
diPio
XII..
[106] Testimonianza conservata anche presso l’archivio del prof. Pier Luigi
Guiducci.
[107] Mons. De Magistris chiese di togliere la deposizione di del Portillo
perché questi era stato per 31 anni confessore abituale di Escrivá. Inoltre
chiese di ascoltare qualche teste “ex
officio” probo e intelligente capace di apportare anche il contributo dialettico della critica.
[108] Fu membro numerario dell’Opus Dei dal 1959 al 1973.
[109]
http://opuslibros.org/nuevaweb/modules.php?name=News&file=article&sid=96.
[110] Cf anche: M. del Carmen Tapia, Tras el
umbral, una vida en el Opus Dei, op. cit., 1992, p. 390ss..
[111] Ordinato vescovo a San Pietro nel 1995.
[112] V. Grousset, Statut, argent et prosélytisme. Les réponses
du “Pape” de l’Opus Dei, in ‘Le Figaro’, 21 aprile 2006.
[113] Frase evidenziata in grassetto per la sua
significatività.
[114] Cit. anche in: E. Provera, Dentro
l’Opus Dei, Chiarelettere, Milano 2009, p. 142. Cf anche: V. Grousset, Il Codice di Javier. Intervista a Mons.
Javier Echevarría, Prelato dell’Opus Dei, in ‘Specchio’, supplemento
settimanale de ‘La Stampa’, 19 marzo 2006.
[115] Mons. Vicente Enrique y Tarancón
(1907-1994). Vescovo (1945). Arcivescovo
(1964). Cardinale (1969). Arcivescovo di Madrid (1971).
[116] http://opuslibros.org/escritos/entrevista_fisac.htm.
Quanto evidenziato in grassetto è un
dato significativo.
[117]Positio, pp. 610-611 del volume dei testimoni,
1988.
[118]610 - Sommario - Processo Romano.
[119] Il testo, uscito in spagnolo, è stato poi tradotto in
Tedesco, francese, portoghese, inglese e italiano.
[120] http://opuslibros.org/PDF/DefensaMCTapiaAcusacionesJEchevarria.pdf.
[121] http://opuslibros.org/PDF/DefensaMCTapiaAcusacionesJEchevarria.pdf.
[122] http://www.independent.com/obits/2016/oct/24/maria-tapia/.
[123] Originario della Francia, nato in una famiglia spagnola esiliata durante
la guerra civile.
[124] Alcune frasi sono state evidenziate in grassetto per la loro
significatività.
[125] Intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa’ (rubrica ‘Vatican
Insider’), 2 ottobre 2018.
[126] Lettera del Prelato ai membri dell’Opus Dei, 14 febbraio 2017.
[127]Id..
[128] Tale linea si trova indicata in molteplici testimonianze. Per tale motivo
si rimanda al sito: http://www.opuslibros.org/nuevaweb/.
[129] Archivio prof. Guiducci. Fondo
‘Opus Dei’. Lettere.