DURRWELL, F.X.

L'Eucaristia, sacramento del mistero pasquale

Ed. Paoline, 2ª ed., Alba 1983, pp. 213.

(t. o.: L'Eucharistie sacrement pascal)

CONTENIDO

1. La idea central del libro está anunciada en el título: la Eucaristia es el sacramento de Cristo en su Pascua. Según Durrwell, para entender la Eucaristia en profundidad es necesario contemplarla exclusivamente a la luz del misterio pascual, del cual es portadora.

No es perspectiva adecuada para estudiar la presencia de Cristo en la Eucaristia la que parte de la reflexión filosófico-metafísica de las realidades terrestres (con la distinción sustancia-accidentes; cambio sustancial): las categorías de Aristóteles no alcanzan a la Eucaristía, que es la plenitud escatológica (cfr. pp. 17-18). Ni es aceptable la reflexión antropológica sobre la creación de símbolos en las relaciones humanas (teorías de la transignificación y transfinalización), porque — afirma—  la trasformación eucarística, que es real, lo es de un orden superior a las realidadss de este mundo (cfr. pp. 19-23). Ni sirve la reflexión sobre "la mística del banquete" (cfr. pp. 23-24). Ni la que parte de la noción de sacrificio según el Antiguo Testamento (en todo sacrificio se requiere inmolación y oblación), porque después es imposible asegurar lo esencial: la unicidad de la acción sacrificial de Cristo, proclamada en la Epístola a los Hebreos; y la Misa se presenta como sacrificio diverso del Calvario, multiplicado hasta el infinito (cfr. pp. 24-25). Tampoco es perspectiva adecuada para estudiar el carácter sacrificial de la Eucaristía la que se apoya en el simbolismo sacrificial de la Eucaristía (en la doble consagración), porque según Durrwell así sólo se afirma que el sacrificio es representado, que el símbolo no es real (cfr. p. 26). Ni la que se fundamenta en la institución veterotestamentaria del "memorial", pues la distinción entre la pascua judía y cristiana es infinita (cfr. pp. 27-28).

Para Durrwell "la teologia dell'Eucaristia è una teleologia, un discorso a partire della fine" (p.31). El misterio en su plenitud ilumina todo lo que precede; todo lo que es antes del fin, dirá el A., depende de la plenitud futura: "nella sua glorificazione, Cristo è l'eschaton del mondo; poiché piacque a Dio, risuscitandolo, 'di fare abitare in lui ogni pienezza... corporalmente' (Col 1,19;2,9), di concentrare in lui la totalità del suo proprio essere e della sua creante e santificante potenza. Una tale totalità è anche pienezza di senso; tutto ciò che è partecipazione riceve da essa la sua significazione e la sua spiegazione" (p. 31). Y a pie de página, en la cita 26 dice: "ci sia permesso di utilizzare questa parola greca (eschaton), di cui si serve la teologia biblica. Significa realtà completa e finale. Cristo è, secondo Col 1,15-20, la pienezza della creazione, a partire da cui e verso cui tutto è creato. Questa pienezza è ultima, una realtà ancora futura per l'uomo terrestre; è tuttavia in qualche modo all'interno di questo mondo, poiché tutto è 'stato creato per mezzo di lui e in vista di lui' (Col 1,16). Quando in questo libro parliamo di eschaton o di escatologia, si tratta del Cristo morto e risuscitato, che è la pienezza finale a un tempo e, a diversi grado, già all'interno del mondo" (p. 31). El subrayado es del Autor.

Por tanto, es solamente a la luz del misterio personal de Cristo como se puede dar respuesta a todos los interrogantes que el misterio eucarístico plantea a la inteligencia, precisamente porque Cristo es el "eschaton" del mundo, es decir, "la pienezza finale a un tempo e, a diversi gradi, già all'interno del mondo".

2. Desde esta perspectiva escatológica, la Eucaristía aparece como el sacramento ds la presencia del misterio de la muerte y de la resurrección de Cristo (cfr. p. 39). Misterio que tiene un carácter fundamentalmente parusíaco (así dice que lo ha demostrado en su obra La Resurrection de Jésus, mystére de salut, cfr. pp. 47-48), y, por tanto, no reservado al futuro, sino permanentemente actual, aunque no con la plenitud que revestirá al final de nuestro tiempo (cfr. p. 48). "Infatti —ripetiamolo ancora una volta— la venuta di Cristo è identica al mistero pasquale nel suo impatto salvifico. Questo mistero è quello di una morte, che è però il contrario della morte malefica. Questa spezza la relazione col mondo e rigetta l'uomo fuori del fiume della storia. Quella, anziché essere rottura, è l'invio universale di Cristo, onde egli 'riempie tutte le cose' della sua presenza (Ef 4,9-10). 'La risurrezione' è parusiaca, come dice la parola stessa: Gesù 'risuscita', rinasce alla sua venuta salvifica già cominciata un tempo. 'L'esaltazione'celeste è parusiaca, poiché Gesù raggiunge il Padre nella sua universale presenza creante e santificante. E' nella natura del Cristo-Kyrios di rendersi presente; la parusia non ha forse il nome di Giorno del Kyrios? 'Il Signore è colui che viene, colui che imploriamo: Marana tha!'. Egli è vicino in virtù del suo essere pasquale: 'Il Signore è vicino'(Fil 4,5); anzi è presente: i fedeli sono 'nel Kyrios` (Fil 3,1;4,4). La sua funzione è d'instaurare il Regno di Dio rendendosi egli stesso presente nel mondo, lui che, in persona, è il Regno di Dio" (p. 49).

La Eucaristía no es, pues, un sacramento post-pascual. El misterio pascual "è escatologico e nulla gli è consecutivo; Cristo è parusiaco, epifanico, per divina glorificazione: 'Dio lo ha risuscitato e volle che apparisse'(Act 10,40)" (p. 49). "L'Eucaristia è il sacramento del Risorto nella sua aparizione pasquale"(p. 50). "L'eucaristia è un sacramento della risurrezione di Gesù in questo mondo, la cristofania pasquale nel suo splendore valato. In se stessa unica, la risurrezione si moltiplica nel tempo multiplo; come il sole in uno specchio infranto"(p.51). "Il cristiano non incontra mai il Signore se non nella venuta pasquale, ossia nell'istante della sua risurrezione" (pp. 52-53).

3. Para entender cómo explica Durrwell el cambio eucarístico conviene tener presente la interpretación que da de Col 1,16; según este pasaje Cristo "è pienezza in cui tutto comincia e giungerà al suo pieno sviluppo" (p. 63). Otro texto que está en la base de su pensamiento es el de Ef 4,10, según el cual "il Risorto si incorpora al mondo, e lo incorpora in sé tutto intero" (p. 55). Basándose en estos principios dirá: "Egli assume nel suo Corpo (resucitato) il pane e il vino, per apparire nella visibilità di questo mondo" (p. 55). Y completa: "Cristo non viene ri-venendo, lui che è parusiaco nella morte a questo mondo; egli viene facendo venire a sé attirando all'escatologia"(p. 77).

Jesús es parusíaco en la Eucaristía por la resurrección, desde la escatología : "Cristo muta il pane e il vino 'in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose', per 'la potenza della sua risurrezione (Fil 3,21.10)... L'eucaristia è l'effetto e il segno luminoso della signoria cosmica di Cristo nella sua risurrezione" (p. 84). Al término de este apartado concluye así: "La trasformazione eucaristica è dunque un'operazione trinitaria., La potenza messa in opera non è una forza impersonale che cambia una sostanza in un'altra qualunque (referencia a la doctrina tomista sobre la transustanciación); l'azione consacratoria è unica, dell'unicità del mistero pasquale in cui il Padre genera il Figlio, risuscitandolo fin nella materialità di questo mondo e lo genera nella potenza dello Spirito, per donarlo alla Chiesa" (pp. 86-87).

4. Para Durrwell, basta afirmar el realismo de la presencia para afirmar inseparablemente que la Eucaristía es sacrificio, pues se trata siempre de la presencia de Cristo en su sacrificio, presencia "della morte di Cristo, inscritta nella gloria"(p. 59), "eternata nella gloria"(p. 60 y 62). "La risurrezione, per quanto reale e corporea sia secondo Giovanni, non sottrae Gesù alla sua morte, la trasfigura... Quanto è misteriosa questa risurrezione, in cui Gesù è glorificato senza uscire della sua morte, e che per sempre lo lascia radicato, attraverso la morte, nell'umanità da salvare"(p. 61). La presencia siempre es sacrificial porque Cristo se encuentra en un estado eternizado de inmolación : "si tratta di uno stato d'immolazione, consecutivo alla morte e alla risurrezione? Nulla è consecutivo al mistero pasquale, che è escatologico, un termine insuperabile. Cristo è eternato nella morte stessa, nella quale il Padre lo glorifica" (pp. 61-62). "Cristo non lascia dunque l'evento pasquale, non oltrepassa la sua morte redentrice. Egli è eternato nell'attualità dell'evento, poiché eterna è la glorificazione che coincide con la morte, nella quale la morte è redentrice" (p. 63). Y a pie de página, en la cita 60 precisa: "certo, come processo biologico, la morte di Gesù e datata, appartiene al passato, non è sorpassata in quanto evento personale, compimento del destino dell'uomo Gesù, Figlio di Dio".

La Eucaristía es, pues, sacrificio, porque es la manifestación "actual" de la muerte redentora; porque es presencia del 'sacrificio celeste' de Cristo: "Essa non è una riproduzione o un rinnovamento, non multiplica all'infinito il sacrificio di Cristo, mai ripetuto, per sempre irripetibile. Non lo riattualizza, giacché questo sacrificio è attuale per sempre, ma è la sua apparizione nel nostro mondo"(p. 63). Todo esto le lleva a concluir: "L'Eucaristia è la trasparenza del mistero pasquale nelle realtà di questo mondo, la vetrina della escatologia nella vita terrestre della Chiesa, la presenza pasquale e la sua rivelazione velata. Essa è dunque sacrificio quanto presenza e perché presenza, giacché il corpo di Cristo è anche il suo sacrificio" (p.65).

Acto seguido Durrwell rechaza el simbolismo de la doble consagración para explicar el carácter sacrificial de la Eucaristía: "Non sono dunque i segni, da una parte il pane simbolo del corpo, dall'altra il vino simbolo del sangue versato, che spiegano il carattere sacrificale dell'eucaristia. Essa non è il sacrificio di Cristo in ragione dei segni, che del mistero sono soltanto l'espressione nel nostro mondo. All'origine dell'eucaristia sta il mistero pasquale che la fa essere sacrificio; mistero di cui l'eucaristia è il simbolo reale, l'incorporazione nella visibilità del mondo: esso assume gli elementi, li riempie di senso, fa della celebrazione eucaristica l'attualità del sacrificio di Cristo nella Chiesa" (p. 65).

Más adelante, cuando afronta el tema de la modalidad de la presencia, rechaza el principio de concomitancia utilizado por S.Tomás y por el Concilio de Trento (ses. XIII, c.3: DS 1640), para explicar la presencia de Cristo antero bajo las especies del pan y del vino: "la teologia che considera l'eucaristia come mistero pasquale ignora la distinzione di una presenza del corpo e del sangue in virtù delle parole consacratorie, e di una presenza del Cristo intero in virtù non delle sue parole, ma de 'la concomitanza`. Non sono realtà biologiche, un corpo, il sangue, che costituiscono il polo escatologico, ma Cristo nella sua pienezza pasquale. È lui che attira e trasforma in sé il pane, il vino, la cena, l'assemblea" (p. 112).

5. ¿Qué sentido tiene pues, para Durrwell, la doble consagración? Este: "nell'ultima cena Gesù esprime il dono di sé nel duplice segno del pane e del vino. L'eucaristia è un vero pasto, vi si mangia, vi si beve; i due elementi contribuiscono ad accentuare l'aspetto sacrificale di questa cena; ma mediante ciascuno di essi l'eucaristia è la comunione al Cristo tutto intero (p. 113). Es decir, el Señor entregó lo mismo cuando dijo: "Esto es mi cuerpo", "Este es el cáliz de la Nueva Alianza en mi sangre". Sólo cabe admitir esta diferencia: "per un Semita, il corpo designa l'uomo nella sua totalità, la persona nella sua espressione corporea, nella sua relazione con il mondo, nella sua attività. 'Il corpo che è per voi` non è solamente una sostanza materiale, ma aristo nella sua pasqua, dato in comunione. In questo senso san Paolo parla della 'comunione con il corpo di Cristo` (I Cor 10,16)(...). 'Il sangue` non designa soltanto la realtà biologica così chiamata, ma Cristo nell'effusione del sangue. La Bibbia intende spesso questa parola nel senso di una morte violenta o di una vita data. Il sangue redentore che i cristiani invocano, nel quale si purificano, è Cristo stesso nella sua immolazione (p. 112).

Partiendo de estos principios rechaza el simbolismo sacrificial de la doble consagración como elemento que ilustre el carácter sacrificial de la Eucaristía, y tiende a identificar la presencia bajo las solas apariencias del pan, o del vino, con el sacrificio. Consecuencia de todo esto es que no consigue explicar, aunque lo pretende, la diferencia entre la Misa y la Eucaristía reservada en el Tabernáculo: "Esiste una differenza tra la messa e l'eucaristia fuori della messa. Questa differenza non è in Cristo, ma nella rappresentazione del mistero di Cristo, più ampia nella messa. Essa consiste, inoltre, nel fatto che la Chiesa talvolta celebra, talvolta semplicemente conserva l'eucaristia. Quando celebra l'eucaristia, il sacrificio di Cristo diventa quello della Chiesa. Ciò avviene particolarmente durante la messa. Ma il comunicante incontro di Cristo, e dunque la partecipazione al sacrificio, si realizzano anche nell'eucaristia portata ai malati, ai prigioneri, e in ogni azione in cui la Chiesa circonda l'eucaristia della sua venerazione. L'accoglienza della presenza è sempre anche partecipazione al mistero pasquale. Quando l'eucaristia è solamente conservata, fuori di ogni presenza del fedele, non c'è nè incontro comunicante nè sacrificio della Chiesa. Tuttavia, Cristo è sempre presente nel suo sacrificio" (p. 65, cita 65).

6. Según Durrwell, ¿qué papel desempeña la Iglesia en la Misa? Fundamentalmente el de acoger, y dejarse asumir en la comunión con el Cuerpo de Cristo, y, por tanto, con su sacrificio: "nel suo mistero pasquale, Cristo è la sommità profonda, escatologica del mondo, ed ecco che affiora nel nostro spazio e nel nostro tempo, per assumere la Chiesa nella comunione col suo corpo e col suo sacrificio; affinché essa subisca l'osmosi del mistero pasquale, partecipando alla stessa morte e alla stessa nascita filiale; affinché essa comunichi alla salvezza nel suo evento"(p. 64). Y más adelante insiste: "per capire il ruolo che compete alla Chiesa nel sacrificio, bisogna tener presenti due verità: c'è un solo sacrificio cristiano e questo sacrificio è strettamente personale. Poiché il sacrificio è unico, quello di Cristo, il ruolo della Chiesa celebrante è di comunicare a esso. Poiché il sacrificio è personale, quello di Cristo nella sua morte in cui è glorificato, la Chiesa può celebrarlo soltanto associandosi a Cristo in questa morte glorificante. La Chiesa celebra ricevendo e partecipando" (p. 129).

"La Chiesa — insiste Durrwell— non offre il sacrificio rinnovandolo. Sarebbe un proposito senza senso voler rinnovare il sacrificio di Cristo, quello della sua morte nella quale è glorificato. Bisognerebbe che Cristo annullasse la sua morte, tornasse a la sua esistenza terrena e intraprendesse di nuovo "il passaggio da questo mondo al Padre" (cfr. Gv 13,1). Impresa del resto superflua, giacché tutta la potenza di Dio è nel mistero pasquale per la santificazione del mondo: 'Entrò una volta per sempre nel santuario con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna" (Eb 9,12); 'con un'unica oblazione egli ha reso perfetti quelli che vengono santificati'(Eb 10,14). Il sacrificio di Cristo è escatologico, per sempre attuale. Se appartenesse al passato, converrebbe forse che la Chiesa riempisse di nuovi sacrifici il resto della storia, perché Dio sia glorificato in tutta la durata dei secoli. Ma il tempo dei cristiani non succede, non si aggiunge alla pasqua di Cristo, al mistero che è ultimo, che e la pienezza e di cui devono riempirsi i secoli cristiani. Per la Chiesa, la maniera de calebrare questo mistero è di aprirsi a esso; la Chiesa offre ricevendo, lasciandosi afferrare dall'unico sacrificio(p. 130). "La Chiesa offre ricevendo; sacrifica lasciandosi consacrare del mistero unico" (p. 131).

7. El concepto clave de sacrificio, que está en la base del pensamiento de Durrwell, está recogido en la cita 32 de p. 132: "Bisogna superare la nozione troppo corrente che identifica senz'altro sacrificio e immolazione, mentre il sacrificio è anzitutto un entrare in comunione, una 'opera che ci unisce a Dio in una santa unione': S. Agostino, De Civ. Dei 10,6. CCL 47,278; La Città di Dio, Edizioni Paoline, Roma 1979.

Aplicando esta noción de sacrificio a la liturgia eucarística concluirá Durrwell que el banquete es la estructura fundamental de la Misa: "Il banchetto è la struttura fondamentale della celebrazione eucaristica. Da esso, e non dai sacrifici dell'Antico Testamento, sempre ripetuti, l'eucaristia ha ricevuto i suoi nomi più antichi: frazione del pane, mensa del Signore, cena del Signore. Quando san Paolo fa un raffronto fra l'eucaristia e i sacrifici ebraici o pagani, il punto di contatto non è nell'immolazione e nell'oblazione, ma nella comunione sacrificale (I Cor 10,15-21). Gesù stesso, durante l'ultima cena, non invita i discepoli ad offrirlo in sacrificio, ma a comunicare al suo sacrificio. Comunicare a questo sacrificio è anche celebrarlo. L'eucaristia non è un sacramento post-pasquale; non viene dopo la pasque di Cristo, ma ne è la manifestazione nel nostro mondo. La Chiesa non si riunisce intorno a una vittima immolata un tempo, offerta un tempo, ma accoglie Cristo nella sua pasqua celebrata, è afferrata da Cristo in questa Pasqua. La comunione della Chiesa è una concelebrazione pasquale" (p. 130). El subrayado es del Autor.

VALORACIÓN CIENTÍFICA

EL Autor, de pluma fácil y brillante, está totalmente subyugado por la perspectiva escatológica, la única según él capaz de escrutar el misterio eucarístico (y todos los misterios de la historia de la salvación). Rechaza toda interpretación filosófica de la Eucaristía (metafísico-tomista, fenomenológico-existencial, etc.), y quiere apoyarse exclusivamente en la fe (cfr. p. 36). Fundándose en los textos de la Sagrada Escritura (sobre todo de las Epístolas de San Pablo), —que lee frecuentemente a la luz del pensamiento de Th. de Chardin, interpretado por G. Martelet—, da una visión "nueva y genial" del misterio eucarístico.

La crítica que ofrece de la doctrina tomista sobre la transustanciación es desacertada: el autor demuestra que no conoce ni entiende el pensamiento de Santo Tomás (cfr. p.17, cita 6; p. 19, cita 14). También es superficial cuando rechaza otras interpretaciones teológicas del misterio de la presencia real de Cristo y del carácter sacrificial de la Eucaristía.

El libro no es un estudio de teología positiva; más bien puede considerarse un "ensayo teológico" que intenta formular un nuevo método para el estudio de la Eucaristía; método que, según algunos, (véase la presentación del libro, en la contraportada), haría desaparecer muchos obstáculos en el camino de la unidad de los cristianos.

VALORACIÓN DOCTRINAL

1. La argumentación del Autor sobre el por qué de la presencia de Cristo en la Eucaristía se aproxima mucho al ubiquismo de Lutero; Durrwell trata explícitamente de separarse de esa perspectiva, corrigiéndola con la "ley del misterio pascual" (p. 93) —inspirada en Theilhard de Chardin y G. Martelet—, pero en mi opinión tampoco consigue dar una solución clara y satisfactoria. Un texto que refleja bien su pensamiento es el siguiente: "Dio è presente al mondo, di cui non cessa mai di essere il creatore anche Cristo 'riempie tutte le cose' della sua presenza(Ef 4,10), poiché ha ereditato il 'Nome che è al di sopra di ogni altro nome'(Fil 2,9; Eb 1,4) e condivide la signoria creatrice di Dio (I Cor 8,6; Col 1,15-17). Ma né la sua signoria né la sua presenza al mondo sono, sotto tutti i riguardi, identiche a quelle del Padre che è la pura trascendenza, mentre il Cristo pasquale appartiene egli stesso alla creazione di cui tuttavia, insieme con il Padre, è il Signore. Più volte san Paolo afferma a un tempo la trascendenza di Cristo e la sua inclusione nella creazione. 'La pienezza della divinità abita in lui` ma 'corporalment`(Col 2,9)(...). Tuttavia, egli sorpassa totalmente questa creazione, poiché 'tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui`, e 'tutte sussistono in lui` (Col 1,16)" (pp. 91-93).

"La presenza del Cristo glorioso in questo mondo non deve essere dunque concepita come quella di Dio, ma secondo la legge del mistero pasquale in cui Cristo è la pienezza finale del mondo. Secondo Col 1,15-20 (cfr. I Cor 8,6), egli è il principio in cui tutto è radicato, in cui 'tutte le cose sussistono`. Per questo, 'egli è prima di tutte le cose`. Tale priorità non è quella della storia, ma della pienezza (Col 1,19). Gesù è sorto tardi nel tempo del mondo, molto tempo dopo le origini; egli è l'Alfa in quanto è l'Omega, in quanto è la pienezza escatologica a partire da cui e in vista di cui tutte le cose sono state create (Col 1,16). Egli è nel mondo in quanto ne è la pienezza finale" (pp. 92-93). El subrayado es del Autor.

Un poco más adelante, utilizando un lenguaje muy próximo al de Th. de Chardin, aunque no lo cita (en todo el libro sólo lo menciona dos veces, en p. 111, y 204), escribe: "Questa presenza è interna alla creazione , dell'interiorità propria del vertice in cui tutto comincia e del centro di pienezza verso cui tutto è attirato. Questa stessa costatazione era gia stata fatta: il mistero escatologico, quello del Cristo pasquale, è in se stesso parusiaco, è l'invio di Cristo nel cuore del mondo: 'Egli ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose' (Ef 4,10)" (p. 94).

2. Bien, entonces, ¿qué diferencia hay entre la presencia de Cristo en el mundo terrestre, y en la Eucaristía? La respuesta será: "Se dunque Cristo dispone di realtà del mondo terrestre —il pane, il vino— al fini di una presenza più intensa e totale, egli agisce su di esse secondo la signoria che gli è propria, secondo il suo modo di presenza al mondo, ossia in quanto pienezza in cui tutte le cose sussistono e in vista di cui sono state create"(p. 94).

3. Según Durrwell esa presencia se realiza así: "Per stabilire la sua totale presenza nelle realtà di questo mondo, il Signore non rinunzia alla sua situazione sovrana; non discende da quella sommità, non esce da quel centro, giacché si rende presente in quanto è l'eschaton, in questa potenza. Con la sua chiamata creatrice attira la creatura, detta prima, verso la sommità e la sorgente di essa stessa, chiamandola alla comunione di Cristo. In un movimento d'interiorizzazione, di cui l'onnipotenza è il principio motore, il pane accede al supremo compimento che una creatura possa trovare e diviene ciò che è Cristo 'il pane vero`, 'Il pane della vita` (Gv 6,32-35).

4. El Autor, que confiesa aceptar el dogma de la transustanciación, rechaza explícitamente la explicación filosófico-tomista de dicho dogma (cfr. pp. 17-18), y trata de dar una nueva explicación que no es clara ni coherente. Afirma el cambio real de los elementos (cfr. p. 16, cita 5; p. 92, cita 34), pero lo hace aplicando su visión escatológica del cosmos, con lo cual deja al lector sumergido en interrogantes: "l'irruzione dell'escatologia non svuota di loro stessi né gli uomini, né le cose, né il tempo, ma li apre, li allarga e li colma; che il mondo mortale non gira su se stesso, chiuso, fatale, disperato, ma che la risurrezione finale, quella di Cristo, si insedia in esso e lo impregna. L'Eucaristia è la celebrazione di una speranza cosmica"(p. 75). Y en la cita 79 de p. 75 dice: "Essa non svuota il pane e il vino della loro realtà, pur transustanziandoli in tutta verità. Cfr. più oltre cap. III. Si pongono qui molteplici domande alla riflessione cristiana: in qual modo l'escatologia può essere presente nella condizione terrestre, la pienezza nel divenire attuale, il futuro eterno nel tempo presente?". Y en otro lugar: "Che questo possa essere ben reale, senza che il pane e il vino siano alterati nel loro essere fisico, non proviene forse dal fatto che Cristo, nella sua risurrezione, è l'eschaton del mondo, la pienezza in cui le realtà di questo mondo possono 'compiersi` senza essere abolite?" (p. 92).

5. La transustanciación debería explicarse así: "Il potere che esercita su tali realtà (el pan y el vino) è quello in virtù del quale esse sussistono e che egli possiede in quanto pienezza in cui ogni cosa giunge a compimento. Per fare di esse il sacramento della sua piena presenza, egli non ricorre alla violenza, non vi si introduce per effrazione: perché non è assente da esse e perché l'eschaton (la realtà completa e finale) non altera in nulla questo mondo, non si sostituisce a nulla, non svuota le cose della loro essenza e non rimpiazza nulla. Il suo ruolo è quello di colmare di essere il compimento estremo d di questo mondo, hanno nella pienezza futura le radici del loro essere. Non sono contraddetti nella loro essenza quando sono eucaristizzati, vengono 'convertiti` in una verità che è loro propria, ma in un totale superamento. Sono cambiati, fortificati, nelle loro radici, al punto che divengono 'il pane vero`,'il vino del Regno'. Non diremo, con la teologia scolastica: del pane e del vino non restano che le spoglie vuote, quegli 'accidenti` che di Cristo sarebbero soltanto il velo o il travestimento ingannevole (p. 94).

Y más adelante, siguiendo a E. Pousset, dirá: "Il pane e il vino sono assunti per intero; in tutto il loro essere, sono il sacramento della presenza di Cristo e sono degni di essere adorati. L'Eucaristia è un simbolo reale, in cui il significato non è dissociato dal significante; il segno è presenza; l'esteriorità fa parte del sacramento" (p. 113).

Otro texto que refleja bien su pensamiento sobre este tema es el siguiente: "La trasformazione del pane, e del vino, della cena terrestre, dell'assemblea terrestre, si intende come una modificazione della relazione con colui che è la sostanza di tutte le cose: il rapporto diviene immediato, assoluto (...). Consacrati dallo Spirito, il pane e il vino sono assunti cosi interamente in colui che è la loro pienezza finale, mediante una riduzione cosi immediata sul centro, che Cristo ne diviene la sub-stantia totale e che, nutrendosi dell'eucaristia, i cristiani si uniscono, senza intermediario, al corpo di Cristo. Se ogni cosa ha il suo essere nella relazione con colui 'in cui sussistono tutte le cose`(Col 1,17), se dunque il pane delle nostre mense ha anch'esso il suo essere di pane in questa relazione, non si vedrà spogliato de se stesso, ma sarà consacrato come pane dallo Spirito Santo. Diverrà pane a un grado incredibile, pane della vita eterna, in una relazione immediata e assoluta con Cristo. Questo cambiamento è reale, sostanziale, ma la teologia non ha bisogno di sottilizzare, di dissociare 'gli accidenti` che rimangono e la realtà degli elementi che svanisce. Il pane e il vino divengono, in tutto il loro essere, la visibilità del Cristo pasquale la tangenza inmediata dell`escatologia con il mondo, l`apparizione di colui che in se stesso è invisibile alla Chiesa terrestre: una presenza non 'sotto gli accidenti` del pane e del vino, ma 'sotto le apparenze del pane e del vino', conformemente all'espressione del concilio di Trento. La conversione eucaristica deve essere intesa come una mutazione del rapporto degli elementi sacramentali con la pienezza escatologica, il Cristo pasquale. Tale modificazione della relazione è sostanziale" (p. 103).

Pero esta "transustanciación" por "asunción", por "cambio de la relación con Cristo", ¿está en conformidad con cuanto ha definido y ensenado el Magisterio sobre la no permanencia de la sustancia del pan y del vino junto son el cuerpo y sangre de Cristo, y sobre la conversión de toda la sustancia del pan en el Cuerpo, y de toda las sustancia del vino en la Sangre, permeneciendo tan sólo las especies del pan y del vino? (cfr. can 2, sesión XIII del Concilio de Trento, DS 1652; Pablo VI, Sollemnis professio fidei, n. 25). Pienso que no. Se trata más bien de una "nueva inteligencia" de la conversión eucarística, diversa de cuanto el Magisterio anterior ha ensenado; y, en último término, incapaz de afirmar la presencia "verdadera, real y sustancial" de Cristo en la Eucaristía. Porque ¿esa presencia en el pan escatologizado, es la presencia verdadera, real y sustancial de Cristo que confiesa la fe católica? El Autor piensa que sí; pero, en mi opinión no está nada claro.

Cuando escribe: "l'eucaristia è anch'essa pasquale. La consacrazione è una pasqua per il pane e il vino che non subiscono perdite, ma passano alla loro perfezione suprema, del tutto inaspettata. Essi sono pienamente assunti nella pienezza di Cristo, nella quale già sussistevano" (p. 96), ¿cómo está entendiendo el Cuerpo glorioso de Cristo? ¿No está afirmando un Cuerpo glorioso en contínua expansión, diverso (numérica y materialmente) del cuerpo mismo de Cristo, que resucitado, sigue poseyendo un cuerpo verdaderamente humano, real, el mismo con el que nos redimió, aunque ahora incorruptible e inmortal? Esta cuestión no la afronta en ningún lugar del libro. Quizá para entender completamente su pensamiento sea necesario tener presente cuanto dijo en su libro, La Resurrection de Jésus mystére de salut, que no he leído.

Otro texto que da pie para pensar que el Autor no afirma íntegramente ni el dogma de la presencia verdadera, real y sustancial de Cristo en la Eucaristía, ni el dogma de la transustanciación, es el siguiente: "Una teologia che intende la conversione eucaristica come una modificazione del rapporto con l'escatologia e senza dubbio capace di apportare elementi di risposta al problema della cena celebrata da Chiese che non possiedono il ministero apostolico. Nell'inpretazione scolastica della transustanziazione, la presenza eucaristica è o totale o nulla. Si dirà che è nulla là dove questo ministero fa difetto. Nella teoria della transignificazione, si è portati a riconoscere una totale presenza in ogni celebrazione in cui è onorato il simbolismo eucaristico, anche in assenza del ministero apostolico. Se la trasformazione eucaristica viene intesa come una riduzione sull'eschaton, sembra che si possano ammettere vari gradi nella realtà della presenza. La misura di questa diversa densità dovrebbe essere valutata dal grado di autenticità della istituzione ecclesiale in cui si celebra questa cena. Si presuppone che in ogni comunità organizzata, riunita nella fede di Cristo e nel battesimo, esista una certa ministerialità apostolica (il che permette al Vaticano II di riconoscere a tali comunità un carattere ecclesiale). Senza questa ministerialità, nessuna eucaristia è pensabile, poiché la presenza è opera di Cristo attraverso il ministero della Chiesa" (p. 104). Según esto, para Durrwell, que entiende la Eucaristía como reducción sobre el eschaton, ¿cabe la posibilidad de una presencia eucarística menos perfecta?, ¿que esté verdadera, real y sustancialmente el Cuerpo Glorioso de Cristo, con una 'densidad` menor, en la Eucaristía de una comunidad cristiana sin ministerio apostólico? El Autor parece afirmar que sí; y esto en mi opinión se aparta de la fe católica.

También se le podría preguntar a Durrwell si el pan y el vino asumidos por Cristo permanecen como tales en la Eucaristía, o no. La respuesta no está clara en el libro, pues en p. 116 escribe: "la teologia pasquale condivide (con Lutero) questo rispetto delle realtà terrestri — il pane, il vino— che la conversione eucaristica non elimina"; después añade: "non è detto: 'questo è anche il mio corpo'. La pienezza escatologica non viene ad aggiungersi, ma accresca l'essere (p.116). Si dice que el ser del pan y del vino escatologizados, es el mismo de antes, pero "ampliado", aumentado con la plenitud escatologica, ¿no está afirmando la presencia de Cristo "en el pan"(con el mismo ser de antes, pero ampliado)? ¿No se trata de una nueva versión "ecuménica" de la "impanación"? Y de nuevo surge la pregunta hecha anteriormente: ¿cómo explica la inmutabilidad del Cuerpo glorioso de Cristo, si lo presenta como resultado de todos los cambios eucarísticos, en continua expansión?

8. Un texto más en el que Durrwell, al ampliar su concepción del sacrificio eucarístico se aparta del Magisterio (concretamente de la Enc. Mediator Dei) sobre la comunión sacramental como parte no esencial de la Misa, y sobre la participación de los fieles en el sacrificio eucarístico, es el siguiente: "Dicendo che la Chiesa offre il sacrificio per comunione a Cristo attraverso tutta la celebrazione eucaristica, ci allontaniamo dall'opinione, una volta corrente, secondo la quale il sacrificio viene offerto al momento della consacrazione e sarebbe compiuto perché il sacerdote, in quell'istante, immolerebbe Cristo almeno simbolicamente. Questa teoria cerca la sua ispirazione fuori del mistero pasquale, nei sacrifici dell'Antico Testamento. Il sacrificio cristiano verrebbe così inteso come un atto unicamente esteriore, compiuto in un rito, mentre invece è di natura così personale che non lo si può ridurre a un'azione rituale. Sarebbe monopolio del sacerdote, solo consacratore del pane e del vino, essendo ammesso il resto della Chiesa soltanto alla comunione dopo il sacrificio. La comunione non sarebbe altro che una 'parte intagrante`, ossia non essenziale, della celebrazione, contrariamente alla definizione del ruolo della Chiesa contenuta nell'invito: 'Prendete e mangiate!`" (p. 134, cita 37).

9. Sobre la misión específica del sacerdote en la Misa, tampoco se expresa con corrección y claridad: "Poiché la sua funzione non lo separa, ma lo pone nel cuore dell'assemblea, il sacerdote celebra la messa come fa l'assemblea stessa: nella comunione di Cristo, nella partecipazione alla sua pasqua. Il sacerdote è un fedele di Cristo. Prima di ordinare agli apostoli: 'Fate questo in memoria di me!`, prima di affidare loro questo compito, Gesù li invita: 'Prendete e mangiate!`. Essi sono dei comunicandi; come tali esercitano il loro ministero(p. 139). El subrayado, una vez más, es de Durrwell.

CONCLUSIÓN

El libro contiene muchas afirmaciones confusas (en estas páginas sólo se han mencionado algunas). No logra afirmar, con argumentos claros y convincentes, la presencia verdadera, real y sustancial del Cuerpo glorioso de Cristo en la Eucaristía. El Cuerpo glorioso de Cristo es presentado en contínua expansión, incorporando a El toda la creación. Pretende explicar el dogma de la transustanciación con una interpretación que no respeta (no acoge, ¿rechaza?) cuanto ha ensenado el Magisterio de la Iglesia, y, en definitiva, termina afirmando "otro dogma". El carácter sacrificial de la Eucaristía también se explica apartándose de la doctrina del Magisterio de la Iglesia (Cfr. Concilio de Trento, sesión XXII; Enc. Mediator Dei).

Además de las cuestiones de teología eucarística señaladas, me parece interesante hacer mención de estas otras referentes a la Soteriología:

a) El Autor, que rechaza abiertamente la llamada teología juridicista de la Redención (con los conceptos de rescate, satisfacción, aplicación de méritos, etc.: cfr. pp. 40, 79, 162), parece sostener la no-satisfacción por Cristo. Y subraya hasta tal Punto la eficacia salvifica de la Resurrección que deja oscurecida la eficacia redentora del sacrificio de la Cruz.

b) También afirma que Cristo en su muerte y resurrección "è colmato della pienezza divina" (p. 41), lo cual hace que el lector se pregunte: ¿quiere decir Durrwell que Cristo antes de su muerte y resurreccion no era Perfectus Deus?

 

                                                                                                               A.G.I. (1986)

 

Volver al Índice de las Recensiones del Opus Dei

Ver Índice de las notas bibliográficas del Opus Dei

Ir al INDEX del Opus Dei

Ir a Libros silenciados y Documentos internos (del Opus Dei)

Ir a la página principal